Dopo le prime sperimentazioni delle uscite pensionistiche flessibili, come Quota 100 (scaduta) e Quota 102 (quest’ultima in scadenza a fine anno), al termine di quest’anno si tornerà, con un unico ”scalone”, alle rigidità della Legge Fornero.
Fine delle flessibilità significa anche lo stop a Opzione donna e Ape sociale. Due soluzioni che hanno avuto un discreto successo tra lavoratrici e lavoratori, e che più o meno tutti i partiti politici in campagna elettorale promettono di voler conservare per il 2023 o addirittura ampliare, in vista di una legge di Bilancio da varare entrofine anno. Tuttavia nessuno chiarisce i confini di questa proposta che sempre rimanere molto vaga nelle modalità e nei benefici.
Lo scrive il quotidiano La Stampa nell’edizione del 24 agosto:
“Oggi opzione donna consente l’uscita con 58-59 anni di età e 35 di contributi, ma con il taglio dell’assegno di un terzo. L’Ape sociale è un’indennità di 1.500 euro per i lavoratori gravosi con 63 anni e 36 di contributi (o 32 per alcune attività come edili e ceramisti). La politica propone di ampliare le platee e di alzare l’assegno ai beneficiari di questi meccanismi, ma non dice a chi, di quanto e in che modo”.
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