NASpI, nel 2023 potrebbe subire un taglio. Obiettivo del nuovo Governo è infatti quello di incentivare l’occupazione, ridimensionando gli ammortizzatori sociali e le prestazioni a sostegno del reddito.
Per questo motivo, modifiche potrebbero riguardare non solo il Reddito di Cittadinanza, ma anche la NASpI. Per adesso circolano solo indiscrezioni e pare non esserci nulla di ufficiale, tuttavia le proteste per una eventuale riduzione della durata della NASpI sono già partite.
A lanciare la notizia di una prossimo provvedimento volto a ridurre la durata sotto il 50% del periodo lavorato è la Repubblica. Per il quotidiano diretto da Maurizio Molinari nel Governo Meloni c’è chi, come la Lega, ritiene sia improduttiva la spesa per la NASpI, ritenuta dal Carroccio incoerente rispetto al periodo di lavoro.
Già in stato di agitazione dunque i lavoratori stagionali del turismo, per i quali la NASpI è un sussidio fondamentale per i periodi di non lavoro.
Come sottolinea il quotidiano, infatti, solo chi riesce a lavorare 8 mesi l’anno ha un reddito garantito per tutti i mesi. Gli altri, da quando è in vigore il Jobs Act (cioè da 2015), si devono accontentare di circa 3 mesi di indennità corrispondenti ai sei mesi di lavoro. Tanto riesce a coprire uno stagionale del settore turistico.
A farsi ‘portavoce’ degli Stagionali è – a sorpresa – Paolo Manca, presidente di Federalberghi Sardegna e vicepresidente nazionale, che a Repubblica dello scorso 9 novembre racconta i disagi vissuti dai lavoratori del turismo:
“Ridurre la NASpI al di sotto del 50% del periodo di lavoro? Vuol dire che non si è capita l’importanza della stabilità per i lavoratori del turismo. […] Fatta eccezione per le città d’arte, frequentate dai turisti per quasi tutto l’anno, la maggior parte delle destinazioni turistiche in Italia è costituita da piccoli borghi, dove non è possibile trovare un altro lavoro in mesi come novembre. Da noi, in Sardegna, i lavoratori sarebbero costretti a emigrare per metà anno. Diventerebbe impossibile formare una famiglia.”
Si accoda alle proteste anche Giovanni Cafagna, presidente dell’Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali, il quale a Repubblica fornisce un po’ di numeri: ‹‹Da un sondaggio tra i nostri iscritti – spiega – risulta che la metà degli stagionali lavora meno di sei mesi. Solo il 25% arriva ad almeno sei mesi, e l’altro 25% riesce anche a superarli. […] Come sindacato chiediamo che agli stagionali del turismo venga riconosciuta un’indennità di disoccupazione uguale a quella applicata ai lavoratori agricoli, che come noi sono soggetti alla stagionalità del territorio e dell’attività››.
Insomma, al momento nulla di ufficiale né ufficioso (negli atti o nelle dichiarazioni governative non ci sono elementi per dirlo) ma la situazione si sta scaldando progressivamente.