Voucher vietati per chi ha lavorato in Agricoltura nei 3 anni prima: “ma non basta”

L’emendamento sui voucher è sicuramente anche frutto degli scioperi e delle mobilitazioni della scorsa settimana, che avevano portato in piazza insieme agli altri i lavoratori agricoli preoccupati proprio su questo punto”. E’ quanto dichiara Giovanni Mininni, segretario generale Flai Cgil, a proposito della modifica approvata alla Camera che restringe l’ambito di applicazione dei Voucher nel lavoro agricolo.

“Nonostante le modifiche che introducono qualche miglioramento – commenta il sindacalista – , il nostro giudizio resta negativo. Si tratta di una nuova modalità di assunzione, il ‘lavoro subordinato occasionale a tempo determinato‘, le cui giornate lavorate saranno utili ai fini di eventuali successive prestazioni previdenziali e assistenziali (ds agricola), e saranno retribuite con riferimento ai contratti collettivi dell’agricoltura, che limita l’utilizzo a disoccupati, pensionati, percettori di ammortizzatori sociali, giovani studenti e carcerati che non hanno avuto rapporti di lavoro agricolo nei tre anni precedenti. Si escludono, giustamente, i lavoratori agricoli iscritti agli elenchi anagrafici. Ma comunque si estende la precarietà perché vengono meno i limiti economici attualmente previsti per il lavoro occasionale e si allarga la possibilità di utilizzare il lavoro accessorio a tutte le imprese del settore primario.

Inoltre, la durata massima prevista di 45 giorni non giustifica l’occasionalità del rapporto di lavoro, che dovrebbe rimanere circoscritto a esigenze eccezionali, e aver introdotto un nuovo istituto contrattuale può solo generare competizione al ribasso verso l’ordinario rapporto di lavoro subordinato che normalmente viene attivato in agricoltura. Si afferma, nell’emendamento, che la norma dovrebbe servire a garantire la continuità produttiva delle imprese e facilitare il reperimento di manodopera solo perché le aziende usufruiranno di norme più semplificate. Può anche essere, ma il motivo principale per cui non si trovano lavoratori è che sono pagati poco e male e con questo intervento non si risolve il problema”.

Nelle pieghe della semplificazione per le aziende – continua Mininni – temiamo che si aprano ulteriori spazi allo sfruttamento e al caporalato. Solo per citarne una: che senso ha fare un contratto di lavoro che dura tutto l’anno, a un giovane studente o a un pensionato, e poi chiamarlo a lavorare fino a 45 giornate al massimo? Situazioni del genere prevederebbero accordi sindacali per monitorare le modalità di assunzione e la garanzia delle giornate lavorate. Con questa norma si lascia il lavoratore nelle mani dell’impresa, che lo chiamerà quando vuole. I datori di lavoro corretti, certamente applicheranno la norma senza approfittarne ma, vista la diffusa irregolarità del settore, risulta difficile pensare che non ci siano tanti che possano approfittarne. Infine, se puoi fare anche una sola busta paga al termine, con la quale dà conto del rapporto di lavoro svoltosi durante l’anno, si capisce come in queste maglie così larghe si possa infiltrare di tutto, lavoro nero e lo sfruttamento”.

Abbiamo sempre detto di essere contrari al lavoro accessorio – conclude Mininni nella nota – perché inutile in agricoltura e l’attuale legislazione consentiva quel giusto compromesso che evitava i rischi e pericoli di illegalità. Adesso, nonostante le modifiche, non possiamo che confermare la nostra convinzione che la precarietà mortifica il lavoro e non aiuta il settore a uscire dalla piaga dello sfruttamento e del caporalato e non si affronterà seriamente la necessità di trovare manodopera fino a che non si aumentano i salari e il numero delle giornate lavorate per dare dignità al lavoro agricolo.”