Busta paga, nel 2023 gli aumenti di stipendio annunciati dal Governo per effetto al taglio dei contributi a carico del lavoratore (del 3% fino a 25mila euro, del 2% fino a 35mila euro) saranno ridimensionati. Il motivo? La riduzione dei contributi “impedisce” la riduzione dell’imponibile fiscale, anche se di poco. In questo modo gli aumenti reali, effettivi, sono inferiori.
A sottolinearlo è il quotidiano Il Sole 24 Ore in edicola oggi:
“Infatti la riduzione dei contributi fa venire meno una parte dell’onere deducibile (contributi obbligatori) che abbatte l’imponibile fiscale. Conseguentemente, la base di calcolo dell’Irpef aumenta e oscilla anche la detrazione fiscale. Nelle tabelle a fianco vengono messi in evidenza alcuni aspetti che incidono sullo stipendio netto. L’esempio 1, riferito a un lavoratore con una retribuzione imponibile previdenziale pari a 2.335 euro, evidenzia che l’ammontare della decontribuzione al 2% è pari a 46,70 euro, ma che il netto della busta paga aumenta di un importo inferiore (30,31 euro). Il secondo esempio è relativo a un dipendente con uno stipendio lordo mensile inferiore a 1.923 euro e, quindi, ammesso a beneficiare dell’aliquota di decontribuzione maggiorata al 3 per cento. Anche in questo caso, come si può rilevare dai calcoli, vi è uno scostamento tra il taglio dei contributi e il beneficio netto (55,71 euro a fronte di 36,15 euro). La differenza dello sconto sui contributi tra il taglio al 2% si riduce all’1,70%, mentre nell’altra esemplificazione il 3% diventa 2,43 per cento”.