Reddito di Cittadinanza revocato erroneamente, INPS costretto a restituire 10 mila euro a una lavoratrice. È successo a Rovereto, in provincia di Trento.
A diffondere la notizia è INCA-CGIL, il sindacato che ha accompagnato la donna nella sua lotta legale contro l’Istituto Previdenziale. Vediamo meglio l’accaduto così come la riporta TrentoToday.
Protagonista della vicenda una percettrice del Reddito di Cittadinanza che da anni lavora in Trentino come badante. La donna non solo si è vista revocare dall’INPS il sussidio, ma l’ente ha anche avanzato verso di lei la richiesta di rimborso per le somme percepite tra ottobre 2020 e novembre 2021. Alla base di tale decisione ci sarebbe, a detta dell’Istituto, il mancato rispetto del requisito della residenza decennale in Italia.
La donna ha presentato ricorso contro INPS, sostenendo di essersi spostata per lavoro da un luogo a un altro per fornire la sua assistenza risultando, per un periodo, non iscritta all’anagrafe a causa di una cancellazione per irreperibilità.
Ma i legali della donna sono riusciti non solo a dimostrare che fosse rimasta sul territorio, ma anche che ci fosse da più tempo. Inoltre, per avere diritto al Reddito di Cittadinanza, basta che la residenza in Italia sia continuativa negli ultimi due anni (e non per tutti e 10), e il versamento dei contributi per il lavoro svolto come badante per una persona residente in territorio italiano ne sono una dimostrazione implicita.
La sentenza del Tribunale di Rovereto è chiara: INPS dovrà riconoscere alla lavoratrice una somma di 10 mila euro per l’annullamento dell’indebito e riattivare il Reddito di Cittadinanza per diciotto mesi, così come previsto dalla norma.