L’assegno dei pensionati è stato adeguato all’inflazione, ma tale adeguamento sarà inferiore rispetto a quello previsto per colf e badanti, di cui spesso sono i datori di lavoro. Ciò significa che l’aumento di pensione non sarà abbastanza alto da coprire il maggior stipendio dei lavoratori domestici.
Le retribuzioni dei domestici, infatti, saranno adeguate all’80% del dato inflazionistico registrato dall’Istat al 30 novembre 2022. In pratica, gli aumenti saranno pari al 9,2% della retribuzione (ai quali, per i lavoratori conviventi, va aggiunta anche l’indennità di vitto e alloggio dell’11,5%).
Quelle dei pensionati, invece, si fermano al limite ad aumenti pari al 7,3%, ma solo per chi guadagna fino a 2.100 euro di pensione: per chi sta sotto tale soglia, infatti, gli aumenti saranno minori. È facile capire, dunque, come alcuni pensionati potrebbero trovarsi in seria difficoltà.
Facciamo un esempio concreto ripreso da Il Messaggero.
Immaginiamo un pensionato con un trattamento lordo di 2.800 euro al mese, che ne versa 1.200 a una collaboratrice domestica. Avrà (da febbraio con gli arretrati del primo mese dell’anno) un incremento lordo del 3,87%, corrispondente al 55% del 7,3% che, come detto, è la percentuale base della rivalutazione. Ma siccome sulla pensione viene automaticamente trattenuta l’Irpef, il suo aumento netto vale in realtà meno, circa il 3,2%. In pratica, alla domestica dovrà invece riconoscere il 9,2 per cento in più, una maggiorazione quasi tripla di quella che ha avuto lui.
Insomma, per alcune categorie di pensionati si arriva a incrementi che possono raggiungere anche i 145 euro al mese (considerando anche ferie, tredicesima e rateo di tfr), ben più alti di quelli corrisposti a loro sulla pensione.
Il rischio è dunque quello di dover rinunciare alla collaborazione domestica o ridurre il numero di ore, oppure, nel peggiore dei casi, di dover ricorrere a rapporti in nero, in un settore in cui il lavoro nero già dilaga parecchio.