Hanno fatto molto scalpore, alcune settimane fa, le dichiarazioni del ministro Valditara per differenziare le retribuzioni tra nord e sud.
Tuttavia esistono già notevoli differenze retributive tra le regioni e la forbice si è andata allargando negli ultimi anni perché, pur a parità di stipendio lordo, il netto è diverso a seconda della zona in cui abbiamo la residenza.
Ma andiamo con ordine e iniziamo col dire che, negli anno ’90 del secolo scorso, era molto di moda il tema del federalismo fiscale, portato avanti da alcune forze politiche e premiato dal corpo elettorale.
Lasciare parte delle imposte al territorio che le produceva era – ed è – un principio pienamente condivisibile a patto, ovviamente, che la pressione fiscale resti la medesima.
Ogni regione può decidere autonomamente quale percentuale di addizionale applicare, ci sono però dei limiti, da non superare, stabiliti dalla legge. Per esempio in caso di incapienza, cioè quando l’irpef non è dovuta per un reddito troppo basso, l’addizionale non si applica.
La presente tabella è stata elaborata in base ai dati presenti sul sito del MEF – Dipartimento delle Finanze.
Dall’analisi della tabella, possiamo notare che le regioni statuto speciale e le due province autonome applicano le aliquote più basse.
Simulando una retribuzione netta di 1.500 euro, ci sono circa 200 euro di differenza tra un insegnante delle province autonome di Trento e Bolzano e un insegnante del Lazio.
Ecco la tabella che simula le differenze tra le retribuzioni nette.
Dall’analisi della tassazione regionale, possiamo notare che esiste già una forbice tra chi risiede in regioni diverse.
C’è da notare che nelle province autonome di Trento e Bolzano, gli stipendi del personale della Scuola non sono a carico dello Stato ma delle rispettive province.