Il Natale, Santo Stefano, Capodanno, l’Epifania, il XXV aprile, il 1° maggio, il due giugno, il 15 agosto, il 1° novembre, l’8 dicembre, la festa del santo patrono possono cadere di domenica.
Nel privato, quando queste festività cadono di domenica, lo stipendio viene maggiorato di una giornata, ma nel pubblico impiego?
Per vedersi riconosciuto questo diritto, verso la fine degli anni ’90 i dipendenti pubblici si rivolgevano al giudice del lavoro che dava sempre loro ragione, condannando l’amministrazione pubblica al pagamento delle festività che cadevano di domenica finché con la legge finanziaria, varata per l’anno 2006 (articolo 1 – comma 224 – legge n. 266/2005) il legislatore ha statuito espressamente che le festività soppresse non spettavano al pubblico dipendente.
La Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità sollevata circa la costituzionalità del provvedimento adottato dal legislatore.
Infatti, malgrado il pubblico impiego stia andando verso un’equiparazione con il privato, “non contrasta con il principio di ragionevolezza «che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento», in considerazione della peculiarità del regime del rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni delineato dal d.lgs. n. 165 del 2001 e dai contratti collettivi ivi richiamati” (Sentenza n. 150/2015).
In precedenza, la Corte Costituzionle, con Sentenza n. 148/2008, aveva ribadito che “la pubblica amministrazione «conserva pur sempre – anche in presenza di un rapporto di lavoro ormai contrattualizzato – una connotazione peculiare», essendo tenuta «al rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento cui è estranea ogni logica speculativa»”.
La Corte Costituzionale, pertanto, ha affermato che la festività ricadente con la domenica può non essere retribuita ai pubblici dipendenti .