Assegno Unico 2023, quando spettano i conguagli? Perché in determinate situazioni INPS li eroga e in altre no?
Il conguaglio è la differenza tra quanto ricevuto e quanto si sarebbe dovuto effettivamente ricevere. Se INPS paga meno rispetto a quanto il percettore avrebbe diritto, la differenza viene liquidata in seguito, appunto, tramite conguaglio. Tuttavia, ci sono dei casi in cui l’Istituto non provvede a erogare la quota mancante. Vediamo perché.
Per quanto riguarda l’Assegno Unico, la cifra che INPS paga mensilmente può variare di percettore in percettore a seconda della situazione economica della famiglia. La quota minima che l’Istituto riconosce è pari a 54,10 euro per figlio, spettante quando l’ISEE familiare supera i 43.240 euro o quando non lo si presenta proprio (gli importi sono stati rivisti e adeguati all’inflazione nell’ultima Legge di Bilancio).
Dunque, se un beneficiario dell’Assegno Unico riceve 54,10 euro perché non presenta l’ISEE e poi, in seguito all’aggiornamento, emerge che avrebbe diritto a una cifra più alta, INPS provvede a mettersi in pari e ad accreditare a conguaglio la differenza tra quanto erogato e quanto dovuto.
In caso contrario, il pagamento a conguaglio non avverrà. La conferma arriva direttamente da INPS, tramite social:
In pratica, l’Istituto Previdenziale provvederà al conguaglio dell’Assegno Unico solo nel caso in cui si sia riscosso il minimo mensile pur avendo diritto a un importo più alto.
Ma se, per esempio, a febbraio e marzo (come nel caso in questione) si è ricevuto l’importo minimo perché il nuovo ISEE supera i 43.240 euro, INPS ha già pagato la somma corretta e, pertanto, anche se nei mesi passati si è riscosso di più, il conguaglio non sarà dovuto.