Aumenti di pensione a rischio: tra incremento degli assegni pensionistici che sarebbe dovuto avvenire a giugno e incremento delle retribuzioni, il Governo sembra che voglia puntare tutto sulle seconde.
La scelta è d’obbligo, visto che non ci sono risorse sufficienti per arricchire sia i lavoratori che i pensionati. Cari al leader della lega Salvini, che aveva spinto più di tutti per inserire un “pacchetto” sulla previdenza del decreto 1° maggio, saranno proprio i pensionati a dover rinunciare ad aumenti, almeno nel breve termine.
Ne dà la notizia Il Messaggero di venerdì 28 aprile, che spiega come ‹‹i 3,4 miliardi a disposizione del governo non sono sufficienti a coprire tutte le misure. Alzare le pensioni minime vorrebbe dire un taglio più leggero del cuneo contributivo per i lavoratori. Tra le buste paga e le pensioni, insomma, il governo guidato da Giorgia Meloni sembra propendere per le prime››. La volontà del Governo, infatti, è quella di portare l’esonero contributivo al 4% per tutti così da far aumentare il netto.
Tuttavia, come specifica il quotidiano, anche il ritocco agli assegni pensato dai tecnici della Lega e proposto per il decreto del primo maggio, in realtà non avrebbe avuto effetti elevatissimi sui conti pubblici (meno di 500 milioni di euro): si sarebbe trattato soltanto di un anticipo a giugno di un aumento pari al 2,7% già previsto a partire da gennaio del prossimo anno e corrispondente a circa 15 euro mensili.
Il grosso degli aumenti, infatti, già si è verificato: con l’ultima legge di Bilancio, il governo ha portato a circa 575 euro al mese netti gli assegni minimi, che per gli “over 75” toccano quasi i 600 euro.
Ma per il governo, l’orientamento che sta emergendo, è quello di concentrare tutte le risorse sulla riduzione dei contributi. Motivo per cui rimangono invariati anche i requisiti di Opzione Donna (molto stringenti).