Zamack vive nella periferia di Nairobi, dove la vita non è facile, dove fra i sogni e la realtà c’è un abisso troppo profondo da colmare. Zamack non ha giochi, a casa non c’è la tv ma solo una vecchia radio…che il papà accende per sentire qualcosa che lui non ha idea di cosa sia, ma che lo attrae inspiegabilmente: le partite di calcio. Quando il papà nota questo interesse in lui, con pazienza gli spiega le regole del gioco e, appena può, gli regala un pallone.
Da quel momento, nessun passatempo e nessuna compagnia che non sia quell’oggetto sferico riesce a conquistare l’attenzione di Zamack. Gioca da solo, gioca coi suoi sette fratelli, gioca al parco, in cucina, non importa se i vestiti già logori si strappano ancora di più, non importa neanche se non riesce a trovare dei compagni per giocare: palleggiare lo stacca da quella realtà e lo porta in un’altra dimensione, dove tutto è possibile, dove tutto è diverso, migliore. E così il pallone diventa tutto ciò che conta; Zamack è bravissimo, ma ancora non lo sa.
In uno dei tanti, assolati pomeriggi al parco, Zamack riesce a mettere su due squadre; gioca da attaccante e sfreccia da una parte all’altra del campo: è incredibile, sembra volare col pallone attaccato al piede, che allontana da sé solo per farlo entrare in porta più e più volte. I suoi occhi brillano, giocare è gioia pura. Ma stavolta non è come tutte le altre, c’è uno spettatore d’eccezione che rimane sbalordito dalla sua bravura: è il manager del Christal Palace, una fortissima squadra inglese. Sbalordito dal talento del ragazzo, l’uomo va a parlare con i genitori: deve assolutamente far parte delle giovanili.
Così, la promessa del calcio si ritrova su un aereo, non sapeva neanche che esistesse un mezzo del genere: si trasferisce in Inghilterra. Quel signore non si era sbagliato: il ragazzo era nato per essere un calciatore. A soli diciannove anni, arriva la convocazione in una squadra di serie A e, dal suo esordio, è stata una continua escalation di successi. I suoi genitori non potevano essere più orgogliosi di lui. Rientrano a Nairobi e seguono la sua strabiliante carriera da lontano: ormai è un uomo, può camminare con le sue gambe.
Zamack è, ora, uno dei giocatori più richiesti e pagati al mondo. Ma la vita gioca brutti scherzi. Durante l’intervallo di una gara importantissima di Champions League, arriva una notizia terribile dall’Africa: il suo papà non c’è più. Nel secondo tempo non ce la fa a giocare, non riesce che a piangere seduto in panchina: vuole solo tornare in Africa e riabbracciare la sua famiglia. Quando nel petto di un campione batte un cuore è così: Zamack non è più la stella del calcio, ma un figlio disperato che deve tutto al suo papà. Gli sembra che giocare non abbia più un senso, gli sembra che non sia più giusto. Ma gli impegni di lavoro non aspettano; deve tornare in campo. Non riesce a far bene, non è più quello di prima. Tra gli spalti, però, ci sono dei tifosi d’eccezione: sua madre e tutti i suoi fratelli. Li guarda… e capisce che deve trovare il coraggio, che deve tornare a giocare anche meglio di prima. C’è da battere un rigore, un altro rigore tra tanti. Si avvicina al dischetto, prepara il destro invincibile, ma prima uno sguardo verso il cielo: la partita della vita continua.
Paul Fiaching, classe 3° C