Assegno Unico, l’importo non è uguale per tutti e può variare anche nel tempo. La quota mensile spettante per ogni figlio, infatti, varia a seconda di diversi fattori: il numero e l’età dei figli a carico, l’ISEE, la condizione lavorativa dei genitori, ecc.
Tutti fattori che possono variare nel tempo e che quindi INPS, che si occupa del riconoscimento e dell’erogazione della prestazione, deve conoscere tempestivamente affinché possa riuscire ad adeguare l’importo alla situazione economica e familiare del nucleo richiedente.
Ma quanto tempo ha la famiglia per comunicare a INPS eventuali cambiamenti avvenuti nell’ambito familiare?
A compromettere l’importo dell’Assegno Unico possono essere, come detto, vari elementi: la minore o maggiore età dei figli a carico, il fatto che a lavorare siano entrambi i genitori oppure solo uno, il valore ISEE superiore o inferiore a 40 mila euro, ecc.
Visto che l’importo della prestazione cambia a seconda delle caratteristiche del nucleo familiare, INPS deve sapere, per esempio, se un figlio compie i 18 anni, se il genitore disoccupato trova un impiego o, viceversa, se il genitore lavoratore perde il lavoro.
Per comunicare tali variazioni c’è un tempo limite. A renderlo noto è Rocco Lauria, direttore centrale Inclusione di INPS, alle pagine de Il Sole 24 Ore in edicola lunedì 5 giugno:
«Si tratta di una prestazione fisiologicamente “variabile” nell’importo spettante: se si verificano mutamenti nel nucleo familiare questi vanno comunicati entro 4 mesi e fanno sempre scaturire la necessità di ricalcolo delle rate e di corrispondere degli arretrati».
Pertanto, la famiglia ha 4 mesi di tempo per far sapere a INPS cosa è cambiato all’interno del proprio nucleo familiare: in questo modo, l’istituto potrà effettuare tutti i ricalcoli del caso. L’importo per i figli a carico aumenterà se la situazione è peggiorata (es. perdere il lavoro) e, viceversa, diminuirà se è migliorata (es. aumento dell’ISEE, trovare un lavoro).