IPCA giugno 2023: +13,5% in Busta paga per tutti?

IPCA giugno 2023, sono usciti oggi i dati ISTAT relativi all’IPCA, l’indice che misura l’inflazione al netto della dinamica dei prezzi dei beni energetici importati, sul quale è catalizzata l’attenzione delle parti sociali, Imprese e sindacati, in previsione dei prossimi rinnovi contrattuali.

Era il 2010 quando per la prima volta in un accordo trilaterale col Governo, le parti sociali concordavano che gli aumenti dei minimi retributivi per i lavoratori sarebbero stati definiti da allora in avanti prendendo a base l’indicatore inflattivo IPCA.

Conosce l’indice IPCA oggi è quindi operazione utile per capire in quale perimetro potrà muoversi la contrattazione collettiva nei prossimi mesi e anni.

IPCA 2023, qual è?

L’Istat annualmente ci dice qual è l’Ipca previsionale, cioè quello del futuro, e quello realizzato, cioè quello del passato.

Se partiamo dal “realizzato”, l’Istat registra un rialzo dei costi (ricordiamo che è al netto dei beni energetici) negli ultimi anni, come segue:

  • 2022:6,6%
  • 2021: 0,7%
  • 2020: 0,8%
  • 2019: 0,7%

Per il quadriennio 2023-2026 l’Ipca previsionale è il seguente:

  • 2023: 6,6%
  • 2024: 2,9%
  • 2025: 2%
  • 2026: 2%

Insomma l’Istituto di statistica prevede che dopo un 2022 caratterizzato da tassi alti anche il 2023 farà registrare un ulteriore rialzo dei costi, per poi ridursi gradualmente a partire dal 2024. Per scaricare il documento integrale IPCA giugno 2023 clicca qui.

IPCA 2023, ora aumentano i salari?

Il quadriennio previsionale 2023-2024 porta ad un IPCA del 13,5%. Questo significa che i lavoratori riceveranno aumenti economici in linea con queste percentuali? 

La questione è più complessa. I contratti collettivi firmati dai rappresentanti delle aziende e dei lavoratori hanno trovato differenti modalità di adeguamento dei minimi retributivi all’inflazione.

In alcuni contratti gli aumenti sono erogati senza verifica successiva, altri invece erogano l’IPCA e poi fanno i conguagli sugli indici realizzati. E poi c’è da vedere se il periodo di carenza contrattuale non riguardi anche il 2022, 2021, e così via. Insomma dipende da molti fattori che saranno messi insieme dalla contrattazione collettiva specifica per ogni settore. Nulla è deciso dunque, sta di fatto che la novità ISTAT di oggi offre al sindacato un argomento in più per chiedere di spingere i salari verso l’alto.