Il nuovo Reddito di Cittadinanza aiuterà i percettori mentre sono alla ricerca di un impiego ma non sarà un’integrazione per coloro che hanno già uno stipendio ma possono contare su un reddito basso.
Ecco una delle differenze, non di poca importanza, tra il nuovo sussidio, il Supporto per la formazione e il lavoro, e il Reddito di Cittadinanza. Vediamo meglio.
Mentre il Reddito di Cittadinanza funziona anche come sostegno per i lavoratori con un salario mensile esiguo, il nuovo sussidio non è compatibile con un salario: sarà solo una sorta di ‹‹indennità di partecipazione alle misure di attivazione lavorativa›› come specifica l’articolo 12 del DL Lavoro, che lo istituisce.
Un “dettaglio” che non è passato inosservato e che ha suscitato non poche critiche. Tra tutte, quella di Giuseppe Bronzini, presidente di sezione della Corte di cassazione nonché ex collaboratore dell’ex Ministra del Lavoro Nunzia Catalfo, che sulla pubblicazione online Questione Giustizia scrive:
“I percettori sono obbligati a seguire corsi di formazione, ad accettare le offerte di lavoro proposte ma anche a partecipare a progetti utili alla collettività (torna così lo spettro dei lavori socialmente utili che la Corte di giustizia ed anche quella di cassazione sulla scia della prima ha ritenuto in linea generale forme truffaldine di mascheramento di un lavoro routinario sottopagato). L’ISEE cosi straordinariamente basso, non integrabile a certe condizioni verso una soglia più alta, l’entità del supporto e la durata della prestazione escludono in pratica che questo sussidio possa aiutare anche i cosiddetti working-poor, come faceva il RDC che consentiva di incrementare il salario percepito con un lavoro sino alla soglia minima di sussistenza.”
Il Supporto per la formazione e il lavoro avrà un importo pari a 350 euro mensili per 12 mesi, che non sono tanti se presi da soli ma che possono far raggiungere una somma comunque discreta se integrati a uno stipendio basso: quello che caratterizza, appunto, chi nonostante lavori non riesce a uscire dalla soglia di povertà (gli working-poor, ossia i lavoratori poveri). Possibilità che però il Governo ha completamente tagliato fuori.