Il Reddito di Cittadinanza ha fallito perché i beneficiari hanno trovato un lavoro solo quando il sussidio è terminato e non durante la percezione. Il sussidio doveva accompagnare le persone nella ricerca di un impiego, fornendo loro anche un’integrazione salariale laddove lo stipendio fosse stato basso.
Eppure sembra che abbia fatto esattamente il contrario, spronando i percettori a cercare un impiego solo una volta giunto alla fine. Fine che è sempre più vicina e che ha una data certa: quella del 27 luglio per coloro che questo mese riceveranno la settima mensilità di RdC, hanno tra i 18 e i 59 anni e in famiglia non hanno percettori fragili.
Ne è convinto Massimo Temussi, l’ex consulente della ministra Marina Calderone e da pochi mesi presidente e amministratore delegato di ANPAL servizi, l’agenzia del governo per le politiche attive del lavoro, che a La Stampa di lunedì 10 luglio rivela:
«Partiamo da un dato di fatto: il Reddito è costato 30 miliardi e ha fallito su tutta la linea. Chi era povero lo è ancora e nessuno ha trovato lavoro. Questi sono i dati di fatto da cui partire, sarebbe stato dannoso andare avanti così. Le dirò di più: decine di migliaia di persone dopo il decreto Lavoro del primo maggio hanno smesso di chiedere il sussidio e iniziato un impiego. Segno che qualcosa non andava».
Quello che non andava, nell’opinione di Temussi, era che il sussidio non fosse legato ad alcun tipo di corso di formazione o di iniziativa professionale: «In questi anni 600 mila persone non sono nemmeno passate dai centri per l’impiego: ricevevano un’indennità passivamente. È inaccettabile». Al contrario, la fine sempre più vicina del RdC ha portato migliaia di percettori a non rinnovare o richiedere il sussidio e a rimboccarsi le maniche per cercare un impiego.
Anche perché il sussidio che sostituirà il Reddito di Cittadinanza, il Supporto per la Formazione e il Lavoro da 350 euro, spetterà solo ai percettori occupabili che saranno attivi nella ricerca di un impiego.