Quota 100: Inps condannata a restituire 1 anno di pensione

Il 7 luglio 2023, in una pagina interna de Il Sole 24 ore è apparso un articolo dal titolo “incumulabilità parziale tra reddito di lavoro e pensione quota 100“. Di cosa si tratta?

I limiti dei pensionati andati in pensione con “quota 100”

I pensionati che hanno optato per l’uscita dal lavoro con la c.d. quota 100 (almeno 38 anni di lavoro e 62 anni di anzianità) sono assoggettati al divieto di cumulo fra pensione e redditi da lavoro dipendente e/o autonomo fino al raggiungimento dell’età pensionabile di vecchiaia.

Rientrano nel divieto di cumulo anche i redditi derivanti da sfruttamento di opere di ingegno o diritti d’autore.

A questa regola c’è un’eccezione: sono consentiti i redditi occasionali per lavoro autonomo fino ad un massimo di 5mila euro.

La circolare INPS n. 117/2019 in caso il pensionato percepisca redditi incumulabili, il pagamento della pensione è sospeso per tutto l’anno, con il recupero dei ratei pregressi già erogati.

La sentenza del Tribunale di Lucca

L’articolo de Il Sole 24 Ore riporta il caso di un pensionato che, nel 2019, ha svolto due giorni di lavoro percependo 148 lordi.

L’INPS, come da prassi, ha richiesto la restituzione di tutte le rate di pensione percepite nell’anno 2019.

Il Giudice del Lavoro ha ritenuto non equa e proporzionale la sanzione inflitta che, a fronte di un reddito di 148 euro, ha comminato una sanzione, in questo caso, quasi 56 volte superiore.

L’INPS avrebbe violato, in questo caso, il principio della proporzionalità, stabile nel nostro ordinamento anche per effetto di numerose sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Il Giudice ha censurato la prassi dell’INPS basata sull’interpretazione letterale della norma.

Per la sentenza, l’incumulabilità genera un indebito ma l’incumulabilità deve limitarsi ad una ritenuta pari all’importo percepito, cioè 148 euro.