Colf e Badanti, l’indennità di maternità erogata da Inps può non spettare. A segnalare la forte disparità di trattamento ai danni delle lavoratrici domestiche è Acli Toscana.
E’ infatti accaduto che una giovane neo-mamma abbia deciso di interrompere volontariamente il rapporto di lavoro domestico per stare col figlio. Ma in questi casi Inps non riconosce l’indennità di disoccupazione. Vediamo perchè.
“Nella lacuna normativa del decreto legislativo 151/2001 (che tutela l’indennità di disoccupazione Naspi alle lavoratrici dipendenti, ma che non specifica niente a riguardo delle collaboratrici domestiche), l’Inps sta applicando l’interpretazione più restrittiva per colf e badanti”, spiega Acli Toscana attraverso la Responsabile Elena Lo Giacco.
La lavoratrice “ha effettuato la regolare procedura all’Ispettorato territoriale del lavoro al termine del congedo obbligatorio di maternità per accudire il neonato e gli altri due figli”. Inps però ha negato l’erogazione della NASpI e la lavoratrice si è trovata senza un sostegno economico. Inutile il ricorso amministrativo.
La penalizzazione sta nella norma del decreto legislativo 151/2001, che prevede la tutela della maternità e quindi il diritto alla NASpI solo per i primi 3 mesi dopo il parto. Una restrizione delle tutele rispetto alle altre lavoratrici madri, per le quali la NASpI è prevista anche in caso di dimissioni fino ad 1 anno di vita del bambino.
“Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria discriminazione tra lavoratrici – aggiunge Giacomo Martelli, presidente di Acli Toscana – in questo modo le lavoratrici domestiche, a differenza di tutte le altre, non possono dimettersi per dedicarsi alla cura del proprio bambino ed accedere a indennità di disoccupazione”.