Il pignoramento degli stipendi dei dipendenti pubblici statali è disciplinato dal D.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, e successive modificazioni.
All’art. 1, viene dichiarato che non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti gli stipendi che lo Stato eroga ai propri dipendenti ma, poiché ogni regola ammette delle eccezioni, all’art. 2 venivano appunto elencate le eccezioni al sequestro e pignoramento:
In caso di simultaneo concorso tra le tre fattispecie oggetto di eccezione non è possibile superare la metà dello stipendio netto.
L’atto di pignoramento deve essere notificato presso l’ufficio che cura il trattamento economico: alle Ragionerie Territoriali dello Stato per la Scuola e gli uffici periferici dei Ministeri, e ai Ministeri per il personale delle Funzioni Centrali, ecc.
Una volta notificato il pignoramento, l’ufficio che riceve l’atto compila la “dichiarazione del terzo”, cioè la distinta delle voci che compongono lo stipendio al netto della contribuzione, e si calcola il quinto pignorabile, cioè la somma che deve essere accantonata a favore del creditore.
Il quinto pignorabile si calcola togliendo dall’imponibile fiscale l’irpef e poi la differenza viene divisa per cinque come dall’esempio in tabella.
Il dipendente che è a conoscenza che il proprio stipendio potrebbe essere presto pignorato, spesso stipula un contratto di cessione del quinto nella credenza – errata – che impegnando il quinto con un prestito lo stipendio non possa venire pignorato.
Tale credenza è errata in quanto il pignoramento può coesistere con la Cessione del quinto a condizione che non venga superata la metà dello stipendio.
Un’altra credenza errata è quella di cercare di bloccare il pignoramento stipulando, oltre alla cessione del quinto, un prestito su delega per occupare un altro quinto dello stipendio.
A questa fattispecie, la Ragioneria Generale dello Stato ha dato disposizione di applicare il quinto pignorabile a favore del creditore pignoratizio e di ridurre il prestito su delega di un importo fino ad arrivare alla metà dello stipendio netto.
La risposta è sì, anche il pignoramento del conto corrente è un pignoramento presso terzi.
C’è però il limite delle somme che, sul conto corrente, eccedono la cifra di 1.509,81 euro, cioè l’ammontare dell’assegno sociale moltiplicato per tre.
Il pignoramento del conto corrente non è ammesso per debiti verso lo Stato o tributi.