Pensioni, nel 2024 è previsto un ulteriore adeguamento con conseguente aumento per via dell’inarrestabile corsa dei prezzi. Adeguamento che riguarderà tutte le pensioni ma che sarà più limitato per quelle medio-alte, come d’altronde è successo quest’anno.
L’obiettivo della legislatura rimane comunque l’innalzamento delle pensioni minime a 1.000 euro, al momento lontano. Già dal prossimo anno si cercherà di portarle almeno a 650-670 euro per arrivare poi allo step intermedio di 700 euro.
Il Piano del Governo lo annuncia Il Messaggero di mercoledì 30 agosto. Vediamo.
Confermato, come detto, l’adeguamento delle pensioni utilizzando il meccanismo a scaglioni già visto quest’anno: rivalutazione piena solo per gli assegni pensionistici fino a 4 volte il minimo INPS (2.101,52 euro lordi mensili nel 2023), mentre per quelli più ricchi la rivalutazione scende dall’85 fino al 32% dell’inflazione.
Inoltre, l’anno scorso la pensione è stata adeguata a un’inflazione pari al 7,3%, mentre quella effettiva si attestava all’8,1%: andrà recuperata la differenza non riconosciuta. Ci sarà poi un ulteriore incremento pari al 5,5% a fronte del carovita di quest’anno. Già solo questi due interventi garantiranno una pensione minima sui 600 euro.
Su questo valore si applicherà l’incremento temporaneo già in vigore fissato per il prossimo anno al 2,7% per tutti i pensionati (sia per quelli che hanno più di 75 anni che per coloro che ne hanno meno, l’età che fa da spartiacque). Si arriverebbe così a circa 615 euro mensili. Forza Italia vorrebbe portare questa cifra a quota 700 euro, intervento che costerebbe circa 400 milioni di euro per il 2024. Il compromesso potrebbe quindi essere quello di fermarsi, almeno per adesso, a 650-670 euro di assegno minimo.
La Lega continua a spingere per Quota 41, ossia la pensione con soli 41 anni di contributi indipendentemente dall’età, cavallo di battaglia sin dalla campagna elettorale. Il pacchetto pensato dal Governo potrebbe contenere, invece, oltre a Quota 103 (uscita dal lavoro a 62 anni di età e 41 anni di contributi), una conferma rafforzata del meccanismo dell’Ape sociale, l’assegno ponte riconosciuto a partire dai 63 anni in vista del pensionamento vero e proprio ai lavoratori disabili, impegnati in mansioni faticose e ai disoccupati di lungo corso. Il Governo potrebbe ampliare l’elencazione delle mansioni “gravose”.
Dubbi, infine, sulla riproposizione di Opzione Donna: nel 2023 la pensione anticipata a 58-59 anni è concessa solo alle lavoratrici disabili o con disabili da accudire o licenziate/dipendenti di imprese in crisi. I sindacati e una parte della maggioranza premono per tornare alla versione originale: uscita anticipata a 58-59 anni di età con 35 anni di contributi per tutte le lavoratrici in cambio di un assegno più basso.