Donne in pensione a 64 anni di età e 20 di contributi: ci sta pensando il Governo, che vuole trovare un’alternativa a Opzione Donna senza spendere troppo.
Ad oggi, infatti, Opzione Donna è troppo limitante e la ministra del Lavoro Marina Calderone non ha mai fatto mistero di volerla modificare: possono andare in pensione a partire da 58 anni di età e 35 di contributi solo le lavoratrici disabili, caregiver o dipendenti di aziende in crisi. Dall’altro lato, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti tiene il freno a mano tirato perché le risorse scarseggiano e ampliare la platea di Opzione Donna sarebbe troppo dispendioso.
Ecco quindi che sul tavolo del governo è appena stata depositata una soluzione, della quale si stanno studiando i costi. La cosiddetta Quota 84. Vediamo meglio.
Per sostituire Opzione Donna da una parte c’è Ape Donna, dall’altra la “neonata” Quota 84.
Ape Donna sarebbe una sorta di anticipo pensionistico: a partire da 60 anni di età e una volta lasciato il lavoro, la lavoratrice non percepirebbe la pensione bensì un assegno fisso per 12 mensilità per un importo massimo di 1.500 euro non rivalutabili. Una volta raggiunta l’età della pensione si passerebbe poi dall’Ape all’assegno pensionistico senza alcuna interruzione. Tuttavia, Ape Donna sarebbe limitata alle lavoratrici che possono accedere a Opzione Donna (disabili, caregiver o dipendenti di aziende in crisi).
Quota 84, invece, prevede che le lavoratrici possano andare in pensione con 20 anni di età contributiva e 64 anni di età anagrafica applicando il ricalcolo contributivo dell’assegno, che quindi sarà ridotto.
Per questo motivo, se non si può ripristinare la vecchia versione di Opzione Donna (pensionamento con 35 anni di contributi versati e 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 59 per le autonome) come vorrebbe la ministra Calderone, Quota 84 potrebbe essere un buon compromesso per estendere la platea delle lavoratrici senza appesantire troppo i costi.