Taglio cuneo fiscale o contributivo: come è arrivato il Bonus Meloni?

Taglio del cuneo fiscale o taglio del cuneo contributivo?

Nell’ultimo decennio quasi tutti i governi che si sono succeduti hanno messo mano sulla fiscali.

Cerchiamo di fare chiarezza riepilogando e riassumendo gli interventi.

Anno 2014 – “Bonus Renzi” (D.L. 66/2014)

Si tratta di un intervento sul cuneo fiscale.

A tutti i lavoratori dipendenti veniva riconosciuto un emolumento mensile di 80 euro a partire da maggio 2014.

Ad essere interessati erano tutti i lavoratori dipendenti con reddito fino a 24mila euro.

Il bonus decresceva fino ad azzerarsi al raggiungimento dei 26 mila euro.

Il bonus Renzi aveva però delle criticità:

  • Non spettava agli incapienti con reddito inferiore a 8.174 euro annui.
  • Penalizzava le famiglie monoreddito;
  • Veniva dato in maniera automatica, anche per piccoli redditi e questo provocava forti conguagli a debito.

La riforma “Conte” del 2020

Viene abolito il “Bonus Renzi” e viene introdotto il trattamento integrativo di 100 euro da luglio 2020.

L’assegno viene denominato “trattamento integrativo Legge 3/2020” (anche se si continuerà a chiamarlo “bonus Renzi”).

Il trattamento integrativo di 100 euro viene erogato interamente fino a 28mila euro.

Per i redditi superiori ai 28mila euro vengono incrementate le detrazioni per lavoro dipendente di 100 euro da 28mila a 40mila euro che decrescono, fino ad azzerarsi, raggiunta la soglia dei 40mila euro.

Pur ampliando di molto la platea dei beneficiari anche il bonus introdotto dal Governo Giallorosso aveva le medesime:

  • Non spettava agli incapienti con reddito inferiore a 8.174 euro annui.
  • Penalizzava le famiglie monoreddito;
  • Veniva dato in maniera automatica, anche per piccoli redditi e questo provocava forti conguagli a debito in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.

La riforma “Draghi” del 2022

La riforma “Draghi”, entrata in vigore da marzo 2022, si è basata sui seguenti presupposti:

  • riduzione dell’aliquota fiscale dal 27% al 25% per i redditi tra i 15mila e 28mila euro;
  • riduzione dell’aliquota fiscale dal 38% al 35% per i redditi superiori a 28 mila euro.
  • Abolizione del trattamento integrativo di 100 euro mensili per i redditi superiori a 15mila euro;
  • abolizione delle detrazioni d’imposta per figli di età inferiore a 21 anni.

La manovra del “governo Draghi” manifestava le seguenti criticità:

  • La manovra, pur abbassando le aliquote fiscali, non era sufficiente per garantire il recupero dei 100 euro di trattamento integrativo che venivano tolti per i redditi tra i 15 e i 28 mila euro;
  • L’assegno unico erogato dall’inps, per figli tra i 18 e 21 anni, in caso di isee superiore a 40 mila euro era la metà delle vecchie detrazioni d’imposta.

Per non penalizzare i redditi tra i 15 e i 28 mila euro, il Governo decise di introdurre un cuneo contributivo, cioè un abbattimento dei contributi del 2% per consentire che gli effetti della manovra non abbassassero i redditi dei lavoratori dipendenti.

Infatti, l’effetto distorsivo della manovra ha avuto effetto l’anno successivo, in fase di conguaglio fiscale, dove è stato necessario recuperare i 200 euro di trattamento integrativo erogato nei mesi di gennaio e febbraio 2022.

Gli interventi del 2023 sul fisco (governo Meloni)

In attesa dell’annunciata riforma fiscale del governo Meloni, nel corso dell’anno, per i primi sei mesi, è stato sostanzialmente, con una piccola modifica, tenuto in vita il taglio del cuneo contributivo del precedente governo.

Nel mese di luglio è entrato in vigore un ulteriore taglio del cuneo contributivo, fino ad arrivare al 6% e 7%, limitato ai redditi mensili inferiori a rispettivamente, a 2.692 e 1.923 euro.

Il taglio del cuneo contributivo, tuttavia, presenta le seguenti criticità:

  • non è assoggettato a conguaglio e, pertanto, paradossalmente, essendo erogato mensilmente, potrebbe essere erogato anche a chi non ne ha diritto (e viceversa);
  • non ha alcuna influenza sul trattamento pensionistico futuro;
  • una parte del bonus torna allo Stato sotto forma di irpef.