Trovati i fondi per scongiurare l’aumento dell’IVA al 22% sui pannolini per bambini. Nelle ultime ore si era paventato il rischio che pannolini e seggiolini, tassati al 5% fino a fine anno, nel 2024 potessero tornare ad avere un’IVA pari al 22%, quella applicata sui beni di lusso.
Se per i seggiolini non c’è stato nulla da fare, per quanto riguarda i pannolini il Governo è riuscito a mettersi una mano sulla coscienza e a riparare al danno prima che fosse troppo tardi.
Nel 2023 il Governo ha abbassato l’IVA sui prodotti per la prima infanzia e per l’igiene intima femminile. Già l’Esecutivo Draghi l’aveva inizialmente abbassata dal 22% al 10%. Quello a guida Meloni ha continuato su questa scia ribassando ulteriormente dal 10% al 5% l’IVA su assorbenti, pappe, pannolini e seggiolini.
Secondo la premier però l’inflazione avrebbe reso vani gli sforzi fatti per mantenere basso il prezzo di questi prodotti e pertanto il dimezzamento dell’IVA al 5% non sarebbe stato rinnovato nel 2024. L’annuncio è arrivato durante la conferenza stampa di presentazione della prossima Manovra.
Tuttavia, proprio per non gravare troppo sulle famiglie, con la Manovra 2024 è stata ristabilita l’IVA al 10% su assorbenti e pappe. Inizialmente sembrava che i pannolini e i seggiolini fossero rimasti fuori dalla misura e che quindi tornassero a essere tassati al 22%. Ma con il testo del DDL Manovra di Bilancio 2024 che il Governo ha consegnato al Senato, è ufficiale il dietrofront anche sui pannolini per bambini, sui quali dal 2024 sarà applicata l’IVA al 10%. Niente da fare sui seggiolini.
«Tutto si è risolto nel modo migliore», ha commentato il Ministro Tajani lasciando Palazzo Chigi al termine dell’incontro tenutosi il 30 ottobre con la Premier Meloni e il leader della Lega Matteo Salvini.
Per quanto riguarda le risorse, il Governo pescherà i soldi dai nuovi introiti derivanti dal Cin, il Codice identificativo nazionale per gli affitti brevi. Una misura che, secondo i calcoli, permetterà di stanare gli abusivi e incassare fino a un miliardo di euro in più da usare, appunto, per ridurre la pressione fiscale.