Concordato preventivo per Partite Iva: ecco quando conviene

Come valutare l’eventuale proposta dell’Agenzia delle Entrate di un concordato preventivo biennale? In quali casi è conveniente? Sono questi i principali interrogativi che si pongono le partite Iva, professionisti e imprese che dal 2024 potrebbero ricevere la definizione dei redditi per 2 anni, da parte dell’Amministrazione finanziaria. E sulla base di questa vedersi applicata una determinata tassazione, fissa per un biennio.

Ovviamente ogni proposta non può che essere valutata partendo dai numeri, dal valore della proposta, dalle situazioni economiche e finanziarie di contesto. E dalle alternative in caso di rifiuto. Però è possibile individuare un perimetro per orientarsi.

Concordato preventivo biennale: i vantaggi

Il principale vantaggio del Concordato preventivo biennale che il Governo sta per varare con il Decreto Fiscale è l’esclusione dai controlli fiscali.

La proposta che l’Agenzia delle Entrate farà alle partite Iva terrà conto del trend del fatturato dei primi 7 mesi dell’anno. Chi firma l’accordo con l’AdE non avrà controlli per due anni, che saranno invece orientati verso i soggetti non firmatari o comunque esclusi perché privi dei requisiti. La proposta, se valutata da questo punto di vista, suona un po’ come un “avviso di accertamento”.

Inoltre la proposta si rivelerà vantaggiosa, ma questo sarà possibile saperlo solo a posteriori, se il reddito definito nell’intesa, sarà inferiore a quello effettivamente realizzato al termine del periodo.

Lo scudo dai controlli fiscali, che costituisce evidentemente il primo vantaggio del Concordato, va tuttavia ben valutato. Questo perché l’accordo preventivo biennale si applica ai soli contribuenti che ottengono un punteggio di affidabilità fiscale pari a 8. Al di sopra di questa soglia, chi si colloca in un punteggio pari o superiore a 8,5 si è già difesi dall’ordinario regime premiale Isa rispetto agli accertamenti analitico presuntivi.

Concordato preventivo biennale, cosa succede se scende il fatturato?

Già al secondo anno, cioè dal 2025, la situazione potrebbe apparire più complessa e non così semplice da valutare. Se il fatturato è in calo ci si ritroverà a pagare imposte (Irap e imposte sui redditi) su di un reddito virtuale.

Il Decreto in uscita prevede che in caso di riduzione dei redditi per una quota eccedente almeno pari al 60% rispetto a quelli oggetto di concordato, è possibile interrompere il Concordato. Ma ciò è possibile solo per “circostanze eccezionali” tipizzate con un decreto del Ministero dell’Economia e Finanze che dovrà uscire.

Concordato preventivo biennale: e se i clienti non mi pagano?

E cosa succede invece se, dopo la firma del concordato, i redditi restano stabili ma i clienti non pagano le fatture?

La situazione non è certo semplice perché la partita Iva si troverebbe a dover pagare tasse su un reddito solo virtuale e non effettivo, a causa dell’insolvenza dei creditori (es. in caso di fallimento). In questo caso il Concordato potrebbe rivelarsi essere un cul de sac.

La definizione preventiva protegge dai possibili accertamenti ex articolo 39 del Dpr 600/73. Non è richiamato lo speculare articolo 54 del Dpr 633/72, dato che l’Iva continua ad applicarsi normalmente.

A fini reddituali e Irap, il concordato ripara da eventuali accertamenti analitici e analitico-presuntivi (tralasciando gli induttivi puri applicabili in presenza di violazioni patologiche del contribuente che travolgerebbero l’efficacia del concordato stesso).