E alla fine anache i Medici e il personale dirigente sanitario hanno proclamato lo sciopero nazionale per protestare contro la Manovra di Bilancio del Governo.
Nel centro del mirino dei camici bianchi ci sono il peggioramento delle condizioni di accesso alla pensione, con forti penalizzazioni economiche, e i tagli al sistema sanitario.
A darne notizia sono i sindacati di categoria, i più rappresentativi, ANAAO ASSOMED e CIMO-FESMED.
Martedì 5 dicembre 2023 medici e dirigenti si fermeranno dal lavoro per 24 ore consecutive. E i disagi per chi ha in programma per quella giornata visite di controllo, operazioni chirurgiche, cure, ecc. sono dietro l’angolo. Il rischio di una forse adesione all’iniziativa è molto alto.
«Le misure contenute nella legge di bilancio in discussione al Senato – dichiarano Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed, e Guido Quici, Presidente Cimo-Fesmed – non sono in grado né di risollevare il Servizio sanitario nazionale dalla grave crisi in cui si trova né di soddisfare le richieste della categoria che rappresentiamo”.
I Medici chiedono che il Governo intervenga sulle indennità di specificità medica e sanitaria, un modo per far salire gli stipendi. Stipendi che sono stati adeguati di recente con un accordo sindacale di rinnovo del CCNL ma chè giunto con notevole ritardo, trattasi del perio 2019-2021. La categoria teme la fuga dei professionisti verso l’estero o verso il privato e contesta la scelta, recente, di aumentare il compenso delle prestazioni aggiuntive per abbattere le liste d’attesa. Misura che, scrivono i medici nella nota, “è destinata a non produrre risultati concreti”.
Per il rinnovo del CCNL di comparto (triennio 2022-2024), al di là che arriva in forte ritardo, il Governo è intervenuto con 2,3 miliardi ma “per l’intero comparto sanità, quindi briciole per tutti”.
E poi c’è il taglio sull’assegno pensionistico che penalizzerà chi andrà in pensione dal 2024 con Quota 103 rivisitata. Secondo i calcoli della categoria si parla di un “taglio dell’assegno previdenziale compreso tra il 5% e il 25% all’anno, una stangata che colpisce circa 50.000 dipendenti. E non ci tranquillizzano le dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni da esponenti del Governo in merito a possibili modifiche parziali del provvedimento, e non alla sua completa eliminazione».
«Misureremo nei prossimi giorni la reale disponibilità del Governo, non solo a parole, pronti a mitigare o inasprire la protesta anche con altre eventuali giornate di sciopero da proclamare nel rispetto della normativa vigente». In sintesi: senza dialogo e soluzioni coraggiose la protesta può protrarsi oltre la giornata del 5 dicembre.