Con rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro per i comparti del pubblico impiego, milioni di dipendenti pubblici non avranno ‘di fatto’ nessun aumento.
Il motivo sta nel Bonus Meloni, il taglio contributivo sull’imponibile previdenziale nel Cedolino paga che restituisce al lavoratore il 6%.
Il taglio contributivo, noto anche come Bonus Meloni o taglio del cuneo fiscale, si applica ai redditi fino a 35.000 euro. Nel pubblico impiego la stragrande maggioranza dei dipendenti si colloca nella fascia di reddito tra 25.000 e 35.000 euro, a cui si applica il Bonus del 6%. Che corrisponde all’incirca a 160 euro di aumento stipendiale.
Oltre la soglia del 35.000 euro il Bonus si azzera completamente. Basta prendere sullo stipendio qualche euro in più, a vario titolo, e superati i 35.000 euro non spetta più niente.
Questo effetto che può verificarsi mensilmente, sarà strutturale una volta che Aran e i sindacati rinnoveranno i vari CCNL di comparto per il triennio 2022-2024 ma anche per quelli che ancora devono essere chiusi per il triennio precedente, 2019-2021. Come il caso della Scuola, dove l’accordo complessivo è stato firmato a luglio scorso ma ancora non si vedono gli arretrati che intanto continuano a maturare.
Il rischio di avere l’azzeramento del Bonus Meloni e quindi non avere alcun beneficio dal rinnovo del CCNL, è alto. Per il triennio 2022-2024 il Governo promette di aumentare gli stipendi mediamente del 5,78% a partire dal personale sanitario, sicurezza, docenti, funzionari ecc.
Al di là che l’importo è basso rispetto all’inflazione registrata e previsionale, come sottolinea Flc-Cgil che parla di una perdita di circa 5.000 euro, ma l’effetto dell’aumento del rinnovo sarà quello di assorbire il taglio del cuneo contributivo. Così che, nella migliore delle ipotesi, il lavoratore non avrà alcun aumento reale sullo stipendio che rimarrà sempre lo stesso.
Questo effetto si realizzerà soprattutto per coloro che stanno poco sotto la soglia dei 35.000 euro annui di reddito. Secondo stime realizzabili sulla base dei dati ministeriali aggiornati al 2021, si tratta di un ‘contingente’ di circa 100.000 dipendenti pubblici.