Nei giorni in cui i lavoratori auspicano un cambio di rotta nella gestione degli stabilimenti Ex Ilva di Taranto, il Governo annuncia un cambio di “equipaggio“. E’ la notizia che arriva poco fa dal Senato annunciata dal Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso durante un’informativa.
Chiaro il riferimento all’allontanamento dalla compagine societaria di Arcelor-Mittal, il colosso franco-indiano, socio al 62% con lo Stato, che per anno ha bloccato investimenti, sviluppo e prodotto tante ore di cassa integrazione. Ora il Governo dice basta.
Una buona notizia, dunque per le maestranze che da tempo attendevano investimenti per stabilità e nuova occupazione, mentre già temono gli effetti dell’annunciato ritorno alla cassa integrazione per più di 1.000 operai. Un segnale di ottimismo per le aziende e partite Iva dell’indotto che attendono pagamenti arretrati dai 9 1i 12 mesi.
Le testuali parole del Ministro Urso sono state “intendiamo invertire la rotta cambiando equipaggio”. Chiaro il segnale di voler restituire all’Italia e all’economia Italiana, la gestione di uno dei siti più importanti del Mediterraneo.
“Ci impegniamo a ricostruire l’ex Ilva competitiva sulla tecnologia green su cui già sono impegnate le acciaierie italiane, prime in Europa”. Chiaro il riferimento dell’esponente governativo ad un possibile investimento da parte del gruppo siderurgico cremonese Arvedi, primo papabile a sostituire Arcelor Mittal.
“L’impianto è in una situazione di grave crisi – ha puntualizzato il Ministro con l’informativa – . Nel 2023 la produzione si attesterà a meno di 3 milioni di tonnellate, come nel 2022, ben sotto l’obiettivo minimo che avrebbe dovuto essere di 4 milioni, per poi quest’anno risalire a 5 milioni”.
E poi le parole dure, pronunciate in sede istituzionale, contro Arcelor Mittal, colpevole di aver affossato anziché fatto risalire uno degli assi strategici dell’economia italiana. “Nulla di quello che era stato programmato e concordato è stato realizzato. Nessuno degli impegni presi è stato mantenuto in merito agli impegni occupazionali e al rilancio industriale. In questi anni la produzione si è progressivamente ridotta in spregio agli accordi sottoscritti”, ha evidenziato Urso.
“Perfino negli anni in cui la produzione di acciaio era altamente profittevole in Europa, come nel 2019, è stata mantenuta bassa lasciando campo libero ad altri attori stranieri”.