Su uno stipendio di un impiegato o di un insegnante ci possono essere notevoli differenze retributive a seconda della regione di residenza.
Negli anni ’90 del secolo scorso, l’opinione pubblica era molto attratta dall’utopia del federalismo fiscale, portato avanti da alcune forze politiche e premiato dal corpo elettorale.
Lasciare parte delle imposte al territorio che le produceva era – ed è – un principio pienamente condivisibile a patto, ovviamente, che la pressione fiscale resti la medesima.
Il principio si basava sul fatto di ridurre le imposte statali per dare più autonomia impositiva alle Regioni.
Le imposte nazionali, purtroppo, non sono state ridotte, anzi, al contrario, sono salite fino al 2014.
Dal 2014 in poi, tuttavia, i vari governi che si sono succeduti hanno diminuito la pressione, a partire dal governo Renzi con il bonus di 80 euro (poi salito a 100 nel 2020), fino ad arrivare alla decontribuzione dell’attuale governo Meloni.
Occorre sfatare il falso mito e lo stereotipo che le regioni del Sud facciano pagare più imposte ai propri cittadini.
Il fenomeno dell’alta tassazione è a macchia di leopardo e ci sono regioni del Nord come Piemonte ed Emilia Romagna che hanno forti addizionali comunali.
Ogni regione può decidere autonomamente quale percentuale di addizionale applicare, ci sono però dei limiti, da non superare, stabiliti dalla legge.
La presente tabella è stata elaborata in base ai dati presenti sul sito del MEF – Dipartimento delle Finanze.
Dall’analisi della tabella, possiamo notare che le regioni statuto speciale e le due province autonome applicano le aliquote più basse.
Simulando una retribuzione netta di 1.500 euro, ci sono circa 200 euro di differenza tra un insegnante delle province autonome di Trento e Bolzano e un insegnante del Lazio.
Ecco la tabella che simula le differenze tra le retribuzioni nette.
Dall’analisi della tassazione regionale, possiamo notare che esiste già una forbice tra chi risiede in regioni diverse.
C’è da notare che nelle province autonome di Trento e Bolzano, gli stipendi del personale della Scuola non sono a carico dello Stato ma delle rispettive province.