Il Bonus Mamma non è una misura universale, non sarà quindi riconosciuto a tutte le lavoratrici madri quale riconoscimento per il loro impegno quotidiano tra vita familiare e lavorativa.
Il Governo ha fatto una selezione all’interno del genere femminile, tra chi ha avuto 1 figlio e tra chi – invece – ne ha avuto 2 oppure 3. E non è tutto. L’altra selezione è stata fatta in base ai settori lavorativi e ai contratti di lavoro stipulati. Ma vediamo.
Innanzitutto il Bonus mamma altro non è che un esonero contributibo al 100% della quota di contribuzione dovuta dalla lavoratrice a Inps fino ad un massimo di 3.000 euro annui. A conti fatti massimo 250 euro al mese. Insomma quello che la lavoratrice deve all’ente previdenziale, in busta paga, viene trattenuto a suo favore. Sull’importo vanno poi calcolate le ritenute fiscali.
Non c’è alcun requisito reddituale o di ISEE, “quindi – come scrive Ansa.it – potenzialmente possono farne richiesta anche le manager o le ereditiere purché con un contratto di lavoro dipendente”. Per averlo è necessaria una Autodichiarazione (per il Modulo PDF clicca qui)
La misura si applica per due anni a partire dal 2024 ed è “a tempo”:
dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 alle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato fino al mese di compimento del 18° anno di età del più piccolo;
dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024 anche alle lavoratrici madri di due figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.
Nel caso in cui il secondo o terzo figlio nasce in questi periodi il Bonus decorre dal mese della nascita. Ma vediamo chi sono le mamme escluse che il Governo ha voluto tener fuori.
La lista delle lavoratrici madri escluse è abbastanza corta ma se contiamo quante sono le donne coinvolte scopriamo che è una macro-categoria molto popolosa: