E’ stato pubblicato dall’ARAN il Rapporto Semestrale sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti che fa il punto sul rinnovo dei CCNL 2022-2024.
Con lo stanziamento di circa 10 miliardi di Euro di risorse, annuncia ottimisticamente che la crescita delle retribuzioni si avvicinerà ad una percentuale vicina al 6%.
Lo stesso Rapporto, tuttavia, evidenzia che circa la metà delle risorse stanziate sono state già anticipate, sia attraverso l’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale a partire dal 2022 sia attraverso una consistente anticipazione avvenuta a fine 2023 con il cosiddetto “decreto anticipi” (D.L. n. 145/2023). Con il decreto anticipi, infatti, è stata erogata a dicembre un’una tantum pari al 6,7% dell’indennità vacanza contrattuale per il personale di ruolo.
La prerogativa è stata estesa, da gennaio 2024, anche al personale a tempo determinato.
L’incremento lordo pro capite ammonterebbe, pertanto a 160 euro mensili, di cui 70 già anticipato.
La chiusura di questa tornata contrattuale, a nostro avvisto sarà molto difficile.
Con il mese di dicembre 2024 finiranno i benefici della decontribuzione (bonus Meloni).
Il bonus consente a tutti i dipendenti di avere un incremento lordo della retribuzione del 6-7% mediante la restituzione dei contributi pensionistici.
Un aumento contrattuale lordo del 6%, potrebbe provocare la cessazione della decontribuzione rendendo nullo l’incremento stipendiale.
Anche se fosse prorogata la norma della decontribuzione del 6-7% si innescherebbero altri inconvenienti legati al fiscal drag.
Con il drenaggio fiscale, l’aumento delle imposte andrebbe ad annullare l’incremento delle retribuzioni.
Con l’aumento degli stipendi lordi, molti dipendenti non avrebbero più diritto alla decontribuzione.
Anche se l’aumento della retribuzione non eliminasse il diritto alla decontribuzione, resta il fatto che un aumento dell’imponibile fiscale, anche a parità di aliquota fiscale, farebbe diminuire in misura progressiva le detrazioni d’imposta per lavoro dipendente rendendo vani gli incrementi contrattuali.
Un altro problema che le Organizzazioni Sindacali andranno ad affrontare con la controparte pubblica, sono i debiti che saranno a carico del personale collocato in pensione nel 2024 che ha già preso l’intero acconto per tutto l’anno anziché per il periodo fino alla data effettiva di collocamento in pensione.
In considerazione di tutte queste problematiche è assai difficile che un accordo possa essere raggiunto senza un ulteriore incremento di risorse aggiuntive.