Il cedolino dei pubblici dipendenti è composto da diverse voci. Ogni voce stipendiale ha una propria caratteristica che può influire, più o meno, sul calcolo della pensione o del Trattamento di Fine Servizio o di Fine Rapporto.
Il cedolino dello stipendio è composto dalla retribuzione fondamentale e da quella accessoria. Ognuna delle voci inserite ha una caratteristica che si riflette a livello contributivo (nel breve periodo) e pensionistico (nel lungo periodo).
In questo articolo tratteremo dei due principali comparti dello Stato, Funzioni Centrali (ministeri) e Comparto Scuola.
Fino all’entrata in vigore della c.d. “riforma Dini” (legge 335 del 1995) solamente alcune voci della retribuzione erano pensionabili.
Le voci pensionabili fino al 31 dicembre 1995, per il personale dello Stato erano solo quelle che nelle tabelle risultano in “quota A“ e sono sette:
Tutte le altre voci retributive, riportate nella “quota B” non erano prese in considerazione ai fini pensionistici e non venivano applicate le ritenute ai fini pensionistici. Dal 1996 entrano invece ulteriori sette voci:
La maggiorazione della retribuzione del 18% ai fini pensionistici è prevista dal DPR 1092 del 1973 all’art. 43 e vale solo per i dipendenti dello Stato e non è prevista per gli altri comparti (es. Funzioni Locali).
La riforma delle pensioni Dini del 1995 (legge 335/1995), nel disporre il passaggio al sistema contributivo, a partire dal 1996, ha stabilito che tutte le voci retributive diventano pensionabili.
In questo modo è stata sancita la parità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati ai fini previdenziali.
Il sistema contributivo presenta una sostenibilità economica maggiore rispetto al retributivo.
Nel pubblico impiego, il calcolo della pensione avveniva in precedenza tenendo conto dell’ultimo stipendio, mentre con il sistema contributivo, vale la contribuzione versata in tutta la carriera lavorativa.