La Corte dei Cassazione ha chiuso definitivamente la vicenda: ai supplenti della scuola spettano le indennità accessorie correlate alla mansione.
A darne l’annuncio è il sindacato Anief che parla di un’”ordinanza esemplare”, che potrebbe essere definitiva anche ‘rivoluzionaria’, in quanto mette in discussione anni e anni di errata applicazione delle norme di legge e di contratto.
Al centro della questione c’era il riconoscimento della Retribuzione professionale docenti (Rpd) e il Compenso individuale accessorio (Cia) previsto per gli ATA, a tutti i supplenti, anche quelli brevi che svolgono servizio per un solo giorno.
Gli importi di queste indennità variano dalle 80 ai 300 euro mensili. L’importo corretto dipende dal livello di anzianità.
E’ una questione di parità di condizioni tra i lavoratori che svolgono le medesime mansioni. La durata del rapporto di servizio, dunque, non può essere ragione per escludere taluni lavoratori.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza del 21 febbraio 2024 è stata netta: “il principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE” tutela tutti i lavoratori, che non possono essere discriminati sulla base del tipo di contratto e della durata.
Ai lavoratori della scuola impegnati in questi anni con rapporti brevi spettano quindi giorni, mesi o forse anche anni, arretrati:
Indennità recentemente rivalutate col CCNL 2019-2021 e liquidate a marzo.
Il diritto a questo salario accessorio, ricorda il sindacato Anief, è soggetto a prescrizione. Cioè il diritto a esercitare un’azione legale a tutela dei propri interessi si estingue col passare del tempo. Ecco perchè in questi giorni i supplenti vengono invitati a inviare una diffida e poi a far ricorso al Tribunale.
In ballo ci sono importi che possono superare anche i 3.000 euro per ogni anno scolastico.