Dipendenti Pubblici, la Mobilità non da diritto all’Aumento di Stipendio

La mobilità del personale tra amministrazioni pubbliche non da diritto ad un automatico aumento di stipendio. Di conseguenza eventuali trattamenti economici ad personam, cd. Superminimi, dovranno essere riassorbiti.

E’ quanto stabilisce l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 5736 del 2024, a proposito di una procedura volontaria di mobilità nell’ambito del comparto Funzioni centrali.

Il pronunciamento non può che avere una portata generale, che interessa tutti i comparti del pubblico impiego, Scuola inclusa, trattandosi dell’applicazione della legge 537/1993.

Cade, pertanto, la convizione di chi pensa che attraverso la mobilità orizzontale volontaria si ha diritto a mutare in meglio – la propria posizione retributiva. Ma vediamo i termini della questione e quale eccezione trova questo principio.

Parità di trattamento tra dipendenti dello stesso Ente

Nella pubblica amministrazione non può essere ammessa una diversità di trattamento economico tra dipendenti dello stesso ente. Quindi in caso di passaggio da un datore ad un altro il dipendente pubblico sarà inserito nel nuovo e mutato quadro di “regole normative e retributive, con applicazione del trattamento in atto presso il nuovo datore di lavoro (art. 2112 codice civile)”.

La conferma – si legge nell’ordinanza – arriva “dall’art. 30 del D.Lgs. n.165 del 2001, che riconduce il passaggio diretto di personale da Amministrazioni diverse alla fattispecie della “cessione del contratto” (art. 1406 cod. civ.), stabilendo la regola generale dell’applicazione del trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi nel comparto dell’Amministrazione cessionaria, non giustificandosi diversità di trattamento (salvi gli assegni ad personam attribuiti al fine di rispettare il divieto di reformatio in peius del trattamento economico acquisito) tra dipendenti dello stesso ente, a seconda della provenienza”.

Mobilità orizzontale e superminimi

L’unica “diversità” retributiva ammessa, ricorda la giurisprudenza, sono i superminimi, trattamenti economici ad personam, riconosciuti in caso di mobilità per evitare che il trattamento economico del lavoratore regredisca. Ad esempio se il mio stipendio lordo era di 2.300 euro con l’Amministrazione A, il passaggio verso l’Amministrazione B con una posizione retributiva più bassa, poniamo 2.000 euro lorde, dà diritto ad un superminimo di 300 euro.

Tale trattamento economico individuale deve però intendersi riassorbile da futuri aumenti contrattuali nell’ambito del CCNL del comparto della ‘nuova’ Amministrazione.

Tale regola – spiega il giudice di legittimità – da applicare anche nel caso di passaggio dalle dipendenze di una Agenzia fiscale alle dipendenze di una Amministrazione inserita nel sistema burocratico dello Stato – comporta che i suddetti assegni ad personam siano destinati ad essere riassorbiti negli incrementi del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti dell’Amministrazione cessionaria” (Cass. Civ. n. 5959/2012)”.

L’ordinanza di Cassazione del 2024, che conferma l’applicazione delle regole civilistiche al lavoro alle dipendenze della PA, conferma l’orientamento precedentemente formatosi: Cass. Civ. n. 30071/2019, Cass. Civ. n. 10210/2020, Cass. Civ. n. 11771/2019 e Cass. Civ. n. 33533/2021.