Mentre PD e M5S portano avanti la loro battaglia politica per l’istituzione di un salario minimo legale, ora anche con una petizione per una proposta di legge di iniziativa popolare, i Comuni italiani vanno avanti per conto loro.
Sono già una decina gli enti locali italiani che hanno approvato provvedimenti per il riconoscimento di un salario minimo comunale. Non meno di 9 euro l’ora deve essere lo stipendio dei lavoratori impiegati negli appalti pubblici in cui il committente è il Comune.
I comuni in cui sono stati approvati provvedimenti che obbligano al salario minimo sono:
Altre amministrazioni si stanno muovendo in questa direzione. Così come anche le Regioni: il dibattito è aperto in Lazio, Umbria e Campania, su iniziativi dei partiti di centro-sinistra.
Insomma quello che non si riesce ad ottenere attraverso una legge, per tutti, lavoro pubblico e lavoro privato, i Comuni lo approvano per i dipendenti di aziende che lavorano in appalto di servizi. E’ il caso delle imprese edili, servizi di pulizie, impiantisti, imprese che si occupano della manutenzione del verde pubblico, agricoli, ecc. Quindi il salario minimo comunale vincola le aziende private che lavorano, dietro affidamento, per il settore pubblico.
In alcuni casi, si è anche andato oltre. Come ad esempio a Napoli, dove il vincolo dei 9 euro minimi orari interessa anche le aziende concessionarie di spazi pubblici, come bar e ristoranti che hanno tavolini sui marciapiedi o per strada.
I provvedimenti comunali vincolano a non derogare alla retribuzione oraria minima di 9 euro. Ma non incidono su eventuali rialzi retributivi. Così come previsto dai CCNL che stabiliscono salari orari di valore più alto.
Resta quindi fatto salvo il rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Se in un determinato settore l’azienda, applicando uno specifico CCNL, deve un minimo salariale maggiore, questo va rispettato in ogni sua parte. I contratti di lavoro infatti non intervengono solo sul salario ma anche su ferie, permessi, malattia e altri diritti.