I dipendenti pubblici in quiescenza, ossia in pensione, possono continuare a lavorare purché non svolgano quattro particolari attività. Quali sono lo stabilisce l’articolo 5, comma 9, del DL n. 95/2012, recentemente ripreso dalla Corte dei Conti del Lazio nella delibera 80/2024.
Vediamo meglio.
I dipendenti della pubblica amministrazione possono, se lo desiderano, continuare a svolgere degli incarichi. Una decisione che se messa in pratica impedisce la dispersione delle competenze e delle esperienze professionali maturate nel corso della carriera dal dipendente pubblico. Anzi, così facendo il pensionato mette il suo bagaglio di competenze al servizio dei più giovani, favorendo anche il ricambio generazionale.
Il dipendente pubblico in pensione può svolgere qualsiasi attività voglia. Tuttavia, non può avere incarichi:
Come stabilito dal decreto sopra citato, il divieto di ricoprire uno di questi ruoli per il dipendente statale in quiescenza è tassativo. Le attività non menzionate, invece, sono consentite.
Al Responsabile Finanziario del Servizio Tributi del Comune di Cassino già in pensione, per esempio, sarà consentito, dunque, ricoprire un incarico temporaneo, straordinario e a titolo oneroso. Purché l’attività oggetto della prestazione non consista in incarichi di studio, di consulenza, dirigenziali o direttivi. Così si è espressa la Corte dei Conti del Lazio, quando il Comune di Cassino le ha chiesto un parere. In questo caso specifico, infatti, l’unico scopo era condividere l’esperienza maturata sul campo dal funzionario stesso.
Il divieto di ricoprire incarichi direttivi, dirigenziali, di consulenza o di studio riguarda tutte le amministrazioni dello Stato elencate al comma 2, articolo 1, del dlgs 165/2001 (il Testo Unico del pubblico impiego). Ossia:
Come detto, nessuna attività al di fuori delle 4 sopra elencate potrà essere vietata. Anche perché circoscrivere troppo le attività che i dipendenti pubblici in pensione possono svolgere comporterebbe una compressione irragionevole dei loro diritti.