Nella giornata del 1° luglio si è tenuto lo sciopero nazionale dei lavoratori agricoli dipendenti delle aziende cooperative del settore. La protesta, organizzata da Flai-Cgil, Fai-Cisl, Uila-Uil, ha avuto un’alta adesione soprattutto tra le aziende che lavorano con grandi committenti che detengono marchi nazionali molti presenti tra gli scaffali e i congelatori dei Supermercati. Ma anche un’importante attenzione mediatica.
I numeri sono riportati in un una nota del sindacato Fai-Cisl che sottolinea così le percentuali di partecipazione e astensione da lavoro da parte degli operai, che riguardano soprattutto alcuni distretti italiani:
Le ragioni della protesta risiedono nel mancato rinnovo del CCNL Cooperazione Agricola, un contratto collettivo che regola i rapporti di lavoro per un pezzo importante della filiera.
La decisione di proclamare l’iniziativa di mobilitazione è stata presa dalle Segreterie Nazionali dei 3 sindacati stipulanti e dalla delegazione trattante, lo scorso 14 giugno. Al termine di una dei tanti confronti con la rappresentanza delle aziende e – scrive Fai Cisl in un comunicato “dopo aver giudicato insoddisfacenti le risposte delle controparti rispetto alle rivendicazioni sindacali, soprattutto sul versante salariale”.
E mentre lo stato di agitazione del settore agricolo continuerà anche nei prossimi giorni, i sindacati fanno sapere che tra i lavoratori c’è molta insoddisfazione per il mancato rinnovo dei Contratti collettivi provinciali agricoli (CCPL). Nel settore ‘primario’ infatti il salario è regolato da un salario nazionale e da un’integrazione prevista a livello provinciale, rimasta ferma a 3-5 anni fa, a seconda delle province.
I lavoratori attendono gli adeguamenti dei minimi provinciali di almeno 3,5% e i sindacati temono che i ritardi andranno a discapito soprattutto dei “tanti stagionali che in quanto tali perderanno la possibilità di recuperare il reddito dovuto finora”
“Da Coldiretti, Cia e Confagricoltura – ha sottolinea il Segretario Generale Fai Cisl Onofrio Rota – ci aspettavamo un atteggiamento più responsabile e pragmatico per implementare, con le dovute integrazioni territoriali, il salario già previsto a livello nazionale, nella consapevolezza che i CPL, contratti provinciali di lavoro, rimangono una specificità del sistema contrattuale agricolo che occorre valorizzare proprio per dare risposte salariali più puntuali ai lavoratori e alle lavoratrici”.