Contratto Scuola triennio 2022 – 2024. In questi giorni il ministro Valditara sta facendo pressioni alle organizzazioni sindacali affinché si affrettino a firmare il contratto scaduto il 31 dicembre 2021.
Ma cosa succede in caso di rinnovo? Quanto sarà l’aumento? Che arretrati saranno liquidati al personale della Scuola?
In questo primo articolo dedicato alla questione ci dedicheremo al personale ATA.
Per effettuare il calcolo degli arretrati abbiamo preso in considerazione i seguenti dati:
Gli aumenti stipendiali sono stati dati sotto forma di anticipi che dovranno essre recuperati: indennità vacanza contrattuale e anticipo del contratto pari a 6,7 volte il valore dell’indennità vacanza contrattuale.
Gli aumenti a regime partiranno dal 2025 e saranno pari al 5,78% del valore degli stipendi alla data del 31 dicembre 2021.
In base alle premesse del paragrafo precedente, abbiamo simulato una possibile tabella degli arretrati per il personale ATA:
Le qualifiche del personale sono state divise in fasce di età dove, nella prima colonna, abbiamo inserito il lordo previdenziale alla data del 1° febbraio 2022.
L’aumento del 2022 è pari allo 0,5% del lordo previdenziale.
L’incremento del 2023 comprende quello del 2022 in quanto non è stato stanziato nulla nella legge di bilancio.
Nel 2024 l’incremento è pari a 6,7 l’indennità vacanza contrattuale.
Dal totale arretrati bisogna togliere il recupero dell’indennità vacanza contrattuale e gli anticipi erogati.
Poiché il Governo ha deciso di erogare unilateralmente l’anticipo degli incrementi contrattuali con l’anticipo IVC di dicembre 2023, è ovvio che gli stessi anticipi dovranno essere recuperati dopo la firma del contratto.
L’erogazione di arretrati irrisori difficilmente convincerà le organizzazioni sindacali alla firma del nuovo contratto.
Ovviamente, da un punto di vista aritmetico, si tratta del maggior incremento degli ultimi 10 anni ma, tenendo contro che molte misure che sostengono il potere di acquisto degli stipendi sono in scadenza al 31 dicembre come il bonus Meloni e la riduzione dell’aliquota irpef dal 25 al 23%, appare aritmeticamente evidente che il netto in tasca ai dipendenti della Scuola subirà, più che un incremento, una diminuzione.