Il Governo è a lavoro per varare una riforma della previdenza complementare, quale miglior sostegno alla previdenza pubblica. Per far ciò il TFR dei lavoratori dovrà essere obbligatoriamente versato ai Fondi Pensione. Ma sulla vicenda emergono molte criticità. Né parla il quotidiano La Stampa in edicola oggi.
Secondo quanto scrive il quotidiano torinese la proposta sarebbe del Sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, leghista, che ha la delega alla previdenza. La Lega da anni porta alta la bandiera di chi chiede la riforma del sistema pensionistico, con una destrutturazione della Legge Fornero. Ma giunta al Governo, oramai dal 2022, non ha portato sul tavolo nessuna proposta concreta, che metta insieme, esigenze di Bilancio statale e consenso dei sindacati.
La proposta consiste nel far dirottare il Trattamento di Fine Rapporto, che le aziende accantonano mensilmente (le aziende con più di 50 dipendenti lo versano all’INPS), verso i fondi pensione, per dare maggiore solidità soprattutto a quelle carriere frammentate, fatte di vuoti contributivi. E per ovviare il rischio che gli importi dei futuri assegni siano troppo bassi.
Una riforma che obblighi i lavoratori a versare è però contraria con i principi attuali dell’ordinamento. Nonché alla normativa in materia di TFR prevista dall’art. 2120 del Codice Civile.
A sottolinearlo sono, da molto tempo, i giuslavoristi. Lo ricorda La Stampa:
“Ma è proprio questo obbligo – seppure in parte – di aderire ai fondi pensione che suscita perplessità sia tra i tecnici all’interno dell’Esecutivo, sia tra i sindacati. Infatti, il TFR è un elemento della retribuzione il cui pagamento viene differito alla fine del contratto, e nel frattempo accantonato all’Inps, in azienda o, appunto, su un fondo pensione. Si tratta di una libera scelta della persona. I giuristi storcono il naso perché vedono impraticabile una misura che vincola per legge una parte dello stipendio“.