Il Decreto legge Salva Infrazioni ha introdotto una positiva novità per i precari della Pubblica Amministrazione, ed in particolare per quelli della Scuola. Parliamo di docenti e Ata impegnati nelle supplenze annuali o brevi e saltuarie.
Si tratta di un indennizzo compreso tra le 4 e le 24 mensilità che viene erogato nel momento in cui viene accertato l’abuso dell’utilizzo dei contratti a termine da parte dell’Amministrazione.
L’articolo 36, comma 5, del D.lgs. 165/2001 viene così modificato nella sua disciplina sanzionatoria:
“nella specifica ipotesi di danno conseguente all’abuso per l’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, fatta salva la facoltà per il lavoratore di provare il maggior danno, il giudice stabilisce un’indennità nella misura compresa tra un minimo di quattro e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo alla gravità della violazione anche in rapporto al numero dei contratti in successione intervenuti tra le parti e alla durata complessiva del rapporto”.
La norma, come visto, non introduce nessun diritto alla stabilizzazione per i precari. Rafforza il sistema sanzionatorio come richiesto dall’Unione europea che 5 anni fa aveva avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Le tutele sono “troppo deboli”, tuonavano da Bruxelles.
Il diritto all’indennizzo tra 4 fino a 24 mensilità spetta ai soli precari che hanno fatto ricorso giudiziario. La norma fissa un ventaglio di regole per il Giudice che deve quantificare il risarcimento nel caso di sentenza con cui ravvisi l’abuso di contratti a termine.
Anche nella PA, alla quale si accede mediante concorso, i contratti di lavoro a tempo indeterminato costituiscono la regola. I contratti a termine sono consentiti solo per ragioni di carattere temporaneo ed eccezionale.
La violazione delle norme non può portare alla trasformazione del rapporto di lavoro precario in lavoro a tempo indeterminato. Questa ipotesi è esclusa dalla legge che consente al lavoratore solo il “diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative”.