Gli aumenti stipendiali messi sul piatto dal Governo sono troppo bassi e la Cgil non intende firmare i rinnovi dei CCNL dei lavoratori statali, dalla Scuola fino alle Funzioni Centrali fino alla Sanità. A chiarire la posizione del sindacato comparativamente più rappresentativo è il suo Segretario Generale, Maurizio Landini.
Quello che hanno proposto dal Governo, con le risorse stanziate per i rinnovi 2021-2024, non è sufficiente per consentire ai lavoratori statali il recupero del potere d’acquisto perso in questi anni di rialzo dei prezzi.
«Il Governo sta offrendo una rivalutazione degli stipendi del 5,7% quando l’inflazione è del 17%. Noi non possiamo firmare un contratto che programma la riduzione degli stipendi. Non firmiamo contratti che riducono stipendi». Queste le parole di Landini a ReStart.
La distanza tra l’offerta di ARAN, basata sugli stanziamenti delle Manovre di Bilancio degli ultimi anni, e le rivendicazioni sindacali è notevole. Balla un differenziale dell’11,3%. Su una retribuzione media di 1.500 euro la distanza tra domanda e offerta si può stimare in:
Intanto il tempo passa e i lavoratori stanno ricevendo, mensilmente sul cedolino, l’Indennità di Vacanza Contrattuale che per il 2024 ha avuto anche un importante rivalutazione.
Uno dei motivi per cui Cgil si oppone alla firma, a meno che il Governo non stanzi ulteriore risorse in manovra di Bilancio per il 2025, è la forte distanza con i lavoratori dei settori privati.
Nell’Industria Metalmeccanica, solo nel mese di giugno 2024, i lavoratori hanno portato a casa un aumento di 137,52 euro al livello intermerdio (C2). In questo settore i lavoratori ricevono aumenti annualmente, allineati all’indice inflattivo IPCA NEI dell’anno precedente.
Nei settori dei Servizi, Turismo e Commercio tutti i rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro si sono chiusi con aumenti dai 200 ai 240 euro, a regime, per 4 anni di vigenza contrattuale.
E’ evidente quindi che il sindacato di Corso d’Italia intende monetizzare ulteriomente il rinnovo dei CCNL per i lavoratori statali, tentando di non marcare troppo la distanza tra i lavoratori dei settori privati e quelli del pubblico impiego.