“L’indipendenza economica delle donne deve passare da fatti concreti. Sarebbe giusto quindi che le detrazioni riconosciute per l’eventuale moglie/partener a carico vadano direttamente a lei, e non al marito che lavora”. Queste le parole del Premier Giorgia Meloni intervistata da Donna Moderna.
Il coniuge è considerato fiscalmente a carico quando ha un reddito complessivo annuo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. All’altro coniuge spettano quindi delle detrazioni (per il coniuge a carico, appunto).
L’importo delle detrazioni non è fisso, ma varia in funzione del reddito complessivo posseduto nel periodo di imposta. Nel concreto è prevista una detrazione di circa 800 euro per i redditi fino a 15.000 euro, mentre si aggira sui 700 euro per i redditi fino a 40.000 euro. Al di sopra dei 40.000 euro di reddito la detrazione diminuisce progressivamente fino ad azzerarsi a 80.000 euro.
La pagina della Camera dei Deputati dedicata alle principali agevolazioni fiscali per la famiglia riporta la seguente tabella esemplificativa:
Reddito lordo (in €) | Detrazione (in €) |
8.000 | 740 |
15.000 | 690 |
35.000 | 720 |
40.000 | 690 |
60.000 | 345 |
75.000 | 86 |
Tornando alle parole della Premier Meloni, l’ipotesi che si paventa è che l’ammontare di tale detrazioni vada direttamente al coniuge a carico, per favorirne l’indipendenza economica. Il principio infatti sarebbe quello di «non dipendere». Dal marito, nel caso di donne non lavoratrici.
Di concreto ancora non c’è nulla, tuttavia non è esclusa la possibilità che il Governo trovi un modo per riconoscere direttamente al coniuge a carico i 700 euro circa di detrazione. Prendiamo l’esempio di una famiglia in cui a lavorare è solo il marito e la moglie è a carico. Ad oggi le detrazioni vengono versate nella busta paga del lavoratore: l’idea sarebbe quella di saltare questo passaggio e trasferirle direttamente alla moglie disoccupata. Così facendo, infatti, la quota riconosciuta per il coniuge a carico andrebbe effettivamente alla diretta interessata.
Si potrebbe optare per un unico pagamento, magari attraverso un bonus da 700 euro da riconoscere alle donne disoccupate. Per adesso, come detto, non ci sono iniziative concrete, solo ipotesi. Vedremo come il Governo intenderà agire.
Nel 2005, sempre con un governo di centro-destra, fu introdotta un norma che consentiva alle donne separate affidatarie dei figli di poter richiedere gli assegni familiari percepiti dal marito.
La norma, promossa dalla responsabile del dipartimento delle Pari Opportunità di Alleanza Nazionale – Daniela Santanché – fu oggetto di polemiche da parte di numerose associazioni di categoria che vedevano nella variazione della norma, un carico di costi per le aziende.
Il pagamento del bonus potrebbe avvenire in diversi modi:
Il problema nascerebbe in caso di un eventuale conguaglio.
Trattandosi di importi esenti irpef sarebbe difficile provvedere al recupero a soggetti incapienti e, anche in questo caso, ci sarebbero resistenze da parte delle associazioni di categoria per l’aumento dei costi.