Assegno di Inclusione: ora andrà anche a chi ha 50.000€ in risparmi. I Disoccupati continuano a rimanere fuori

L’Assegno di Inclusione voluto dal Governo Meloni per sostituire il Reddito di Cittadinanza, cancellato perchè accusato di essere una misura aiuta furbetti, si sta trasformando in una delle misure di welfare più inique.

Da qualche giorno sta suscitando molte polemiche la revisione dei criteri di accesso alla misura. L’aspetto più controverso è che il beneficio erogato da Inps continua a non essere un aiuto per tutti i disoccupati di lungo periodo oppure per chi ha esaurito il periodo di NASpI o Disoccupazione Agricola, ma può andare a coloro che hanno risparmi fino a 50.000 euro. E avendo il sacrosanto diritto di non volerli spendere e continuare a tenerli “da parte”, chiedono un aiuto mensile allo Stato.

E’ quanto prevede il DPCM approvato dal Consiglio dei Ministri la scorsa settimana. Ma andiamo per ordine.

Disoccupati fuori dall’Assegno di Inclusione

Essere disoccupato o disoccupata non è una condizione che da diritto all’Assegno di Inclusione. Il sussidio spetta a coloro che hanno tra i 19 e i 59 anni solo se hanno nel proprio nucleo: un minore, un disabile o un anziano over 60. Oppure se si è qualificati come “svantaggiati” dai servizi sociali.

Per loro il Governo, cancellando l’RdC che non faceva alcuna distinzione in base alla presenza o meno di soggetti fragili, ha previsto il Supporto Formazione e Lavoro. I disoccupati o coloro che fanno piccoli lavoretti a basso reddito, tra i 18 e i 59 anni, sono sono considerati “occupabili”. E per questo devono impegnarsi in un percorso di riqualificazione che li riporti a lavoro. Il SFL svolge proprio questa funzione: da la possibilità di ricevere 500 euro mensili (nel 2024 erano 350) fino a che si frequenta un percorso di politica attiva del lavoro. Terminato questo periodo si ritorna come prima. Senza alcuna tutela economica dallo Stato.

I risparmi fuori dall’ISEE

Tutela economica che invece lo Stato, da quest’anno, offre a chi ha un gruzzoletto fino a 50.000 euro. Il DPCM approvato il 15 gennaio 2025 dal Consiglio dei Ministri prevede proprio questo: l’esclusione dei titoli di Stato, Buoni o Libretti Postali dal computo dell’ISEE. Così che una persona può depositare/investire i suoi risparmi in questi prodotti finanziari per poi bussare alla porta dell’Inps per chiedere l’Assegno di Inclusione.

Il tutto grazie alla facilitazione che si ottiene sull’ISEE che piomba verso il basso e consente di essere la chiave di accesso verso l’Assegno di Inclusione e altri sussidi ottenendo importi che vanno anche dai 700 fino a superare i 1.000 euro mensili. Ora, è evidente che anche i piccoli risparmiatori meritino una tutela ed anche dei sussidi se versano in condizioni di bisogno. La contraddizione infatti non risiede in questo, tutti devono poter avere i mezzi per sostenersi come prevede anche la nostra Costituzione.

Il problema è che il sistema voluto dal Governo crea palesi sperequazioni nei confronti di chi, disoccupato/a o con reddito basso, senza i requisiti di “fragilità” e senza alcuna forma di risparmio per potersi eventualmente sostenere, può rimanere escluso da ogni forma di tutela economica prevista dallo Stato.