La legge di Bilancio 2025 (commi 84-86) prevede il pignoramento degli stipendi dei dipendenti pubblici di importi superiori a 2.500 euro netti per chi ha debiti verso l’erario, comuni e pubbliche amministrazioni non pagati, superiori a 5.000 euro. Vediamo di cosa si tratta e come, tecnicamente, avviene il pignoramento.
Bisogna innanzitutto dire che il provvedimento entrerà nel 2026 per dar tempo ai sistemi informatici di adeguarsi alla nuova normativa. Tuttavia, un provvedimento analogo è già presente ma con un limite di 5.000 euro.
In questo caso NoiPA dovrà mensilmente controllare i circa 2.700.000 stipendi gestiti con controlli incrociati con l’Agenzia Entrate Riscossione.
Nel caso in cui il superamento del reddito avvenga per erogazioni di arretrati da parte degli uffici responsabili del trattamento economico, saranno questi ultimi a fare la verifica.
La verifica viene effettuata su un portale dedicato – dove bisogna inserire codice fiscale e importo netto liquidato.
Nel caso in cui il dipendente non abbia pendenze esce la liberatoria, in caso contrario si sospende il pagamento dell’arretrato in attesa che l’Agenzia Entrate Riscossione (ex Equitalia) emetta il provvedimento di pignoramento.
Il pignoramento dello stipendio dei dipendenti pubblici statali è ancora disciplinato dal D.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180 che ha subito, nel corso dei decenni, numerose variazioni.
Nel DPR 180/1950, all’art. 1, viene dichiarato che non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti gli stipendi che lo Stato eroga ai propri dipendenti ma, poiché ogni regola ammette delle eccezioni, all’art. 2 venivano appunto elencate le eccezioni al sequestro e pignoramento fino alla concorrenza di un:
In caso di simultaneo concorso tra le tre fattispecie oggetto di eccezione non è possibile superare la metà dello stipendio netto.
L’atto di pignoramento deve essere notificato presso l’ufficio che cura il trattamento economico: alle Ragionerie Territoriali dello Stato per la Scuola e gli uffici periferici dei Ministeri, e ai Ministeri per il personale delle Funzioni Centrali, ecc.
Una volta notificato il pignoramento, l’ufficio che riceve l’atto compila la “dichiarazione del terzo”, cioè la distinta delle voci che compongono lo stipendio al netto della contribuzione, e si calcola il quinto pignorabile, cioè la somma che deve essere accantonata a favore del creditore.
Il quinto pignorabile si calcola togliendo dall’imponibile fiscale l’irpef e poi la differenza viene divisa per cinque come dall’esempio in tabella.
Il dipendente che è a conoscenza che il proprio stipendio potrebbe essere presto pignorato, spesso stipula un contratto di cessione del quinto nella credenza – errata – che impegnando il quinto con un prestito lo stipendio non possa venire pignorato.
Tale credenza è errata in quanto il pignoramento può coesistere con la Cessione del quinto a condizione che non venga superata la metà dello stipendio.
Un’altra credenza errata è quella di cercare di bloccare il pignoramento stipulando, oltre alla cessione del quinto, un prestito su delega per occupare un altro quinto dello stipendio.
A questa fattispecie, la Ragioneria Generale dello Stato ha dato disposizione di applicare il quinto pignorabile a favore del creditore pignoratizio e di ridurre il prestito su delega di un importo fino ad arrivare alla metà dello stipendio netto.