In vista dello sciopero di otto ore del 28 marzo, Fim, Fiom e Uilm hanno convocato per venerdì 21 marzo tre assemblee unitarie con tutte le delegate e i delegati del settore. Un’iniziativa organizzativa che rientra nel percorso per riconquistare il rinnovo del CCNL scaduto il 30 giugno 2024. Ma anche un’anticipazione dei disagi alle produzione che i sindacati vogliono mandare alla controparte datoriale: lo stop non è solo per il 28 marzo, ma anche nella giornata del 21, con il coinvolgimento dei delegati.
L’obiettivo è chiaro: far ripartire il negoziato con Federmeccanica e Assistal. Al centro delle rivendicazioni ci sono aumenti salariali, riduzione dell’orario di lavoro, sicurezza e precarietà.
Le assemblee si terranno venerdì alle ore 10:00 in tre città italiane:
• Vicenza (Centro Sport Palladio) con l’intervento del Segretario generale Fiom Michele De Palma.
• Firenze (Teatro Aurora) con la conclusione del Segretario generale Fim Ferdinando Uliano.
• Napoli (Mostra d’Oltremare) con l’intervento del Segretario generale Uilm Rocco Palombella.
Ecco il volantino unitario dei sindacati:
Al centro dello scontro tra sindacati e imprese c’è la richiesta di 280 euro di aumento sui minimi retributivi. I sindacati sostengono che i salari italiani siano tra i più bassi in Europa e che l’inflazione abbia ridotto drasticamente il potere d’acquisto dei lavoratori. Un incremento salariale, secondo le organizzazioni sindacali, aiuterebbe anche la ripresa economica, rilanciando la domanda interna. Fim-Fiom-Uilm in tutte le occasioni pubbliche, a contatto con i lavoratori, hanno sottolineato l’importanza di avere un aumento certo e rifiutano quella che chiamano la “logica Gratta & Vinci” imposta da Federmeccanica e Assistal.
Oltre al salario, un altro punto chiave della piattaforma è la riduzione dell’orario di lavoro A 35 ore settimanali, a parità di salario. Vista come una possibile soluzione per aumentare l’occupazione, migliorare le condizioni dei lavoratori e attrarre i giovani verso le professionalità del settore metalmeccanico.
Per le imprese metalmeccaniche, 280 euro di aumento sui minimi retributivi sono fuori portata. Federmeccanica e Assistal ribadiscono che il settore sta attraversando una fase difficile, con una crisi produttiva che non accenna a fermarsi e propongono comunque di fermarsi ad aumenti legati all’IPCA. IPCA che però è un indice variabile.
Il 2024 ha segnato un calo del 4,2% della produzione rispetto all’anno precedente, un trend negativo che va avanti da oltre un anno. In Europa il quadro è ancora più critico, con una flessione del 5,6% che rende impossibile puntare su un rilancio delle esportazioni. Le aziende italiane, infatti, hanno mantenuto un saldo positivo solo perché le importazioni sono crollate, segno di una domanda interna debole e incerta.
A pesare sulla situazione ci sono fattori internazionali e geopolitici che rendono difficile qualsiasi previsione di ripresa:
In questo scenario, le aziende metalmeccaniche sostengono di non avere margini per soddisfare le richieste sindacali. Anzi, in molti casi sono costrette a ridurre gli organici o a ricorrere agli ammortizzatori sociali per far fronte al calo degli ordini. Oppure a riconvertire la produzione, come starebbero sul passo di fare le industrie della componentistica, verso settori più attraenti in questa fase, come Difesa e Aeros
Federmeccanica, pur riconoscendo la necessità di un rinnovo contrattuale, propone aumenti molto più contenuti e legati all’IPCA e alla produttività. Secondo gli industriali, un incremento così elevato del costo del lavoro rischierebbe di aggravare ulteriormente la crisi, spingendo alcune aziende a ridurre gli investimenti o addirittura a delocalizzare la produzione.
Per le imprese, quindi, la priorità è trovare un equilibrio tra la tutela del potere d’acquisto dei lavoratori e la sostenibilità economica delle aziende, senza mettere a rischio la competitività del settore. Ma i sindacati non ci stanno e il braccio di ferro continua.