C’è una novità in arrivo per i dipendenti statali che si trovano in condizione di invalidità ma che possono continuare a lavorare. Una novità che equipara sempre più i lavoratori della pubblica amministrazione a quelli del settore privato.
Partiamo dall’assunto che non è detto che chi è invalido non possa lavorare. Alcune patologie, infatti, riducono solo parzialmente la capacità lavorativa. La rendita INAIL, per esempio, serve proprio in questi casi.
Ad oggi, i dipendenti statali che incappano in una patologia o in uno stato invalidante possono chiedere di essere dispensati dal servizio ed essere quindi collocati in pensione quando la condizione non consente di proseguire il rapporto di lavoro. A seconda della condizione del lavoratore esistono diversi trattamenti pensionistici di inabilità, ognuno con differenti requisiti di accesso. Gli enti o gli organi preposti ad accertare lo stato di invalidità o inidoneità sono vari, così come diverse sono le modalità di calcolo della prestazione.
Nel privato invece il meccanismo funziona diversamente. Il lavoratore infatti può continuare a svolgere la sua attività, seppur in maniera ridotta, anche se l’invalidità supera il 67% ma glielo consente. Così facendo, si potrà cumulare parzialmente allo stipendio l’assegno ordinario di invalidità.
L’articolo 16 del decreto sulla Pubblica amministrazione approdato venerdì 14 marzo in Gazzetta Ufficiale (Dl 25/2024) permette anche agli statali di sommare l’assegno di invalidità allo stipendio.
Il decreto sulla PA intende allineare le regole del settore pubblico a quelle vigenti nel settore privato. Il debutto dell’assegno ordinario di invalidità, che permette agli statali di restare al lavoro e di ricevere l’aiuto pensionabile quando la capacità lavorativa è ridotta a meno di un terzo, ne è la prova.
Alla sua applicazione ci sono però delle limitazioni. Il decreto non è retroattivo: all’interno del settore pubblico, infatti, potranno beneficiare dell’assegno di invalidità solo gli assunti a partire dall’entrata in vigore del provvedimento.
Inoltre ne è escluso il personale appartenente al comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, nonché i Vigili del Fuoco. A prescindere dalla decorrenza dell’assunzione.
Il decreto detta anche le regole per l’erogazione: il trattamento di fine servizio o di fine rapporto per i soggetti statali che saranno coinvolti nella nuova regola andrà erogato entro 90 giorni.