Il 28 marzo 2025, i metalmeccanici italiani incroceranno le braccia per otto ore in uno sciopero nazionale indetto da Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil. L’obiettivo è sollecitare la ripresa delle trattative con Federmeccanica e Assistal per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro, scaduto il 30 giugno 2024 e interrotto da novembre scorso.
Le manifestazioni si concentreranno principalmente davanti alle sedi delle Unioni Industriali e delle Prefetture in diverse città italiane, simboli delle controparti datoriali e delle istituzioni governative. Questa scelta mira a esercitare pressione sia sulle associazioni imprenditoriali che sul governo, affinché intervengano per sbloccare la situazione contrattuale.
I sindacati chiedono di riprendere la discussione sull’incremento di 280 euro “certi” e non incrementi solamente legati all’IPCA, la riduzione dell’orario di lavoro a 35 ore settimanali, e di riaprire il negoziato dalla loro piattaforma.
Ecco alcune delle principali iniziative organizzate a livello provinciale:
Oltre alle 8 ore di sciopero i sindacati confermano lo stop alle ore di flessibilità e rifiuto di svolgere il lavoro straordinario.
La giornata di mobilitazione del 28 marzo è stata preceduta da tre grandi assemblee il 21 marzo, svoltesi al Nord, Centro e Sud Italia, con la partecipazione dei Segretari generali di Fim, Fiom e Uilm. Queste assemblee hanno coinvolto migliaia di delegate e delegati RSU, rafforzando l’unità sindacale in vista dello sciopero. Durante questi eventi il segretario generale Fiom Cgil Michele De Palma ha sottolineato che da Federmeccanica non arrivato segnali rassicuranti: “vogliono firmare senza prendere a riferimento le richieste datoriali”.
Il Segretario Uilm Rocco Palombella intervenuto dalla Mostra d’Oltremare di Napoli ha invece voluto sottolineare che lo sciopero, giunto a 24 ore complessive, costituisce il punto di svolta per la ripresa del negoziato. “Siamo a una svolta – ha avvisato durante l’assemblea unitaria – . Non si tratta più di un semplice rinnovo contrattuale, ma di cambiare il modello di relazioni industriali.”