Un buono spesa da 50 euro per chi non scioperava il 28 marzo: questa l’idea della Mita Spa di Conselve (Padova), che però si è trasformata in un boomerang. Dopo la denuncia dei sindacati e il clamore mediatico, l’azienda ha deciso di ritirare immediatamente la misura, nel tentativo di chiudere una vicenda che rischiava di diventare un caso nazionale.
Ma se Mita Spa ha fatto marcia indietro, resta il problema più grande: il tentativo di alcune aziende di scoraggiare gli scioperi con metodi sempre più sottili, dai piccoli incentivi ai ricatti sulla cassa integrazione. E soprattutto, il silenzio imbarazzante degli industriali, che evitano di prendere posizione su pratiche che mettono a rischio il sistema contrattuale nella delicata fase del rinnovo del CCNL Industria scaduto.
Fiom, Fim e Uilm non si sono limitate a denunciare il caso del buono spesa, ma hanno puntato il dito contro un problema più ampio. Secondo il sindacato dei metalmeccanici Cgil, infatti, sempre più aziende stanno adottando strategie subdole per indebolire le mobilitazioni.
“In un momento in cui alcune imprese usano la cassa integrazione e altre chiedono straordinari, ci troviamo di fronte a situazioni in cui viene promesso un trattamento migliore — come un’ora in meno di cassa — solo a chi non partecipa agli scioperi”, denuncia la Fiom. Un meccanismo che, secondo il sindacato, rappresenta una forma di pressione indiretta per scoraggiare l’adesione alle proteste e rendere più debole la contrattazione collettiva.
Il caso Mita Spa ha messo in difficoltà Federmeccanica, Assistal e Unionmeccanica-Confapi, che da mesi rifiutano di aprire un tavolo di confronto sulla piattaforma sindacale per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto da 9 mesi. L’episodio ha reso evidente come la lunga fase di stallo stia spingendo alcune aziende a scelte pericolose, che potrebbero avere conseguenze legali.
Eppure, nonostante la gravità della situazione, nessun esponente delle associazioni datoriali ha preso posizione. Né una condanna ufficiale contro il comportamento di Mita Spa, né una dichiarazione per ribadire il rispetto delle regole nelle relazioni sindacali. Un silenzio che pesa, perché da un lato rafforza la linea dura contro il rinnovo del contratto, ma dall’altro rischia di far apparire Federmeccanica complice di queste pratiche.
Per i sindacati, la revoca del buono spesa è una vittoria importante, ma non basta. “Abbiamo difeso la dignità dei lavoratori e il diritto di sciopero”, ha dichiarato il segretario Uilm Rocco Palombella, sottolineando come le aziende stiano mostrando sempre più segni di nervosismo di fronte alla mobilitazione.
Fim, Fiom e Uilm avvertono che la battaglia per il contratto nazionale non si fermerà e che ogni tentativo di scoraggiare gli scioperi sarà smascherato e contrastato. “Le aziende sappiano che i diritti non si comprano con 50 euro e che ogni forma di pressione sui lavoratori sarà denunciata”.
La revoca del buono spesa ha mostrato che queste strategie possono essere smontate, ma la vera battaglia si gioca sul rinnovo del contratto. E finché le imprese continueranno a restare in silenzio, la tensione nel settore metalmeccanico sarà destinata ad aumentare.