Gli stipendi dei lavoratori degli Enti Locali e della Scuola sono quelli che dal 2016 a ora sono cresciuti di meno in tutta la pubblica amministrazione.
A dirlo è il «Rapporto semestrale sulle retribuzioni nella Pa» elaborato dall’Aran, che conferma quanto reclamato recentemente dai sindacati impegnati nelle trattative per il rinnovo dei contratti.
In questo periodo sono in corso le trattative per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego relativi al triennio 2022-2024, Scuola compresa. Alcune proseguono più a rallentatore di altre per via dell’opposizione di una parte dei sindacati, che lamentano aumenti nettamente inferiori rispetto all’inflazione registrata nel medesimo periodo.
È quello che è successo agli infermieri per esempio, dove Fp Cgil, Uil-Fpl e Nursing Up hanno di fatto bloccato la trattativa per l’aggiornamento del contratto sanità perché a detta loro puntava al ribasso.
Ma con una Manovra di Bilancio che per la prima volta ha fissato gli stanziamenti anche dei prossimi rinnovi, l’aggancio al carovita è raggiunto. Ma non per tutti. Perché la Scuola e gli Enti locali continuano a essere il fanalino di coda per quanto riguarda gli aumenti, con un divario retributivo rispetto agli altri comparti della pubblica amministrazione destinato a crescere.
A fornire qualche numero ci pensa il «Rapporto semestrale sulle retribuzioni nella Pa» dell’Aran.
Per il triennio 2022/24 sono stati stanziati 10,8 miliardi di euro, che producono aumenti medi fra il 6% e il 7,3% nei diversi settori della PA. L’Ipca (indice dei prezzi) però ha misurato l’inflazione intorno al 15,4%, ed è il motivo per cui alcuni sindacati hanno storto il naso di fronte agli “esigui” aumenti proposti.
Nel 2019/21 era però successo il contrario, con aumenti in busta paga fra il 5,2% e l’8,1% mentre l’inflazione si era fermata al 2,2%. Andando ancora all’indietro e tornando al triennio 2016/2018, la situazione si fa più complessa: incrementi (3,5%) quasi doppi rispetto all’Ipca (1,8%) ma rinnovi congelati dal 2010 mentre l’inflazione cumulava un altro 9,2%.
Per il 2025/27 gli indici di contratti e prezzi si allineano. Ciò comporta che dal 2016 al 2027 la spinta dei contratti quasi aggancia quella complessiva dell’inflazione in ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici, con aumenti complessivi medi da 562 euro nel periodo, e in sanità (530 euro). E infatti, il contratto dei dipendenti delle Funzioni Centrali è stato rinnovato.
Al contrario, non tengono il passo i settori dell’istruzione (400 euro) e degli enti territoriali (390 euro), in cui si registrano aumenti del 20,1-2% contro un Ipca del 25,4%.
E il divario rispetto agli altri settori continuerà a crescere, visto che gli incrementi percentuali uguali per tutti penalizzano chi parte da un livello retributivo più basso. Con conseguente fuga dalle cattedre, dai Comuni e dalle Province.