Arrivano buone notizie per i dipendenti pubblici: grazie a un nuovo intervento del Governo, gli stipendi potranno crescere fino a 300 euro al mese in più, con un impatto potenziale di oltre 1,8 miliardi di euro sulla massa salariale complessiva. Una misura che promette di ridurre il divario tra i lavoratori degli enti territoriali e quelli delle amministrazioni centrali.
Nel frattempo i dipendenti degli enti locali attendono il rinnovo del ccnl scaduto il 31 dicembre 2021 e gli aumenti stipendiali. I sindacati sono divisi. Resta aperta la possibilità di un’anticipazione delle risorse.
La novità è contenuta nel decreto legge sulla Pubblica amministrazione in arrivo alla Camera. Con questa norma, Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni potranno aumentare la componente stabile del fondo delle risorse decentrate fino al 48% della spesa sostenuta nel 2023 per gli stipendi tabellari del personale non dirigente.
Attualmente questa quota si ferma in media al 22-23%. Il salto al 48% significa aumenti in busta paga fino a 3.926 euro lordi all’anno per 382mila lavoratori, pari a circa 302 euro lordi al mese per 13 mensilità. Un balzo dell’8,8% sulla retribuzione complessiva.
A beneficiarne saranno in particolare i dipendenti dei Comuni, ma anche Province e Regioni avranno spazi di manovra. Le Unioni di Comuni restano escluse da questi aumenti, ma ottengono la possibilità di stabilizzare i precari con almeno tre anni di servizio.
Ogni ente potrà agire in base alle sue possibilità di bilancio. Un Comune che ha speso un milione di euro per gli stipendi nel 2023 potrà destinare fino a 480mila euro all’anno in più a premi, incarichi aggiuntivi e retribuzione accessoria.
Non sarà un “liberi tutti”. Gli enti dovranno comunque rispettare i limiti di spesa e garantire l’equilibrio di bilancio pluriennale, pena la perdita di una parte delle risorse aggiuntive. Per questo la Cgil Fp parla di “soluzione spot” che rischia di comprimere gli spazi per le nuove assunzioni.
Questa misura punta anche a frenare la fuga di personale dagli enti territoriali verso ministeri e agenzie centrali, dove le retribuzioni sono finora più alte. I risultati concreti si vedranno con i prossimi conti annuali, ma la direzione è chiara: gli stipendi pubblici tornano a salire.