Nel corso della trasmissione Agorà andata in onda su Rai3 il primo maggio, il segretario generale della Fiom-Cgil, Michele De Palma, ha lanciato un durissimo atto d’accusa nei confronti delle controparti datoriali. Al centro del dibattito, il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, scaduto da oltre un anno e ancora bloccato.
“Nel nostro caso, il contratto dei metalmeccanici, che viene ritenuto uno dei contratti più importanti, riguarda un milione e mezzo di lavoratori, beh, Federmeccanica e Assistal, cioè le associazioni di Confindustria, non si presentano al tavolo negoziale. Noi siamo, da più di un anno, in attesa della possibilità di poter negoziare il rinnovo del contratto nazionale.”
La denuncia è chiara: le associazioni datoriali rifiutano il confronto, mettendo a rischio un’intera categoria che, numericamente e strategicamente, è una colonna dell’economia industriale del Paese.
De Palma spiega che alla base del rifiuto c’è un “peccato contrattuale”: il recupero automatico dell’inflazione (indice IPCA NEI), previsto dal contratto.
“Qual è la colpa dei metalmeccanici? Il fatto che negli ultimi due anni, di andamento dell’inflazione alta, il nostro contratto prevedeva un recupero dell’andamento dell’inflazione. Cioè, noi abbiamo nel contratto, unico contratto, la vecchia scala mobile. Cioè, in parte recuperiamo quanto è stata l’inflazione. Questo per noi è diventato una colpa.”
“Oggi, Federmeccanica e Assistal ci dicono: per sedervi al tavolo, non ci dovete chiedere un euro in più dell’andamento dell’inflazione.”
È una denuncia che fa rumore: viene penalizzato proprio il contratto che protegge di più il potere d’acquisto dei lavoratori.
De Palma chiama in causa il governo – e commenta le parole di Giorgia Meloni sugli aumenti salariali – e le sue scelte in materia fiscale:
“Quando Mario Draghi dice che la politica dei bassi salari è una politica sbagliata, e la politica solo dell’export è una politica sbagliata, perché bisogna far ripartire la domanda interna, io vorrei un intervento del governo che sostenga la contrattazione e ci dica, per esempio, detassiamo gli aumenti del contratto nazionale.”
“Una parte di quello che, lo dico rispondendo alla Meloni che dice, i salari sono aumentati. Vero. Perché li abbiamo contrattati. Ma c’è un piccolo problema. Gran parte di quel salario che noi contrattiamo, dei 311 euro che abbiamo contrattato, è finito in tasse.”
Il segretario Fiom denuncia un paradosso fiscale: gli aumenti vengono divorati dal prelievo fiscale senza ritorni in termini di servizi pubblici. È una stoccata diretta alla premier, accusata di rivendicare risultati ottenuti dai contratti, ma senza affrontare il problema della tassazione.
“Siamo a 32 ore di sciopero nei metalmeccanici. In una fase in cui mi permetto di agganciarmi ad una cosa che mi va detta. Noi abbiamo fatto uno studio sui dazi. Guardate che si sta sottovalutando l’impatto che dazi, crisi e transizione possono avere sulla base occupazionale del nostro paese.”
“Noi corriamo il rischio di pagarli, in termini di salario e in termini di occupazione.”
De Palma avverte che le tensioni internazionali, la crisi e la transizione ecologica potrebbero devastare l’occupazione industriale, mentre si parla poco o nulla degli strumenti per contenerne l’impatto.
Il segretario Fiom chiude con una riflessione durissima sui flussi economici interni alle imprese:
“La cassa integrazione è in aumento, mentre 30 miliardi sono stati redistribuiti in utili e compensi ai manager, sottraendo risorse all’innovazione e al salario.”
La sua è una fotografia impietosa del modello economico attuale: le aziende tagliano sul lavoro ma premiano i vertici, ignorando l’urgenza di rinnovare contratti e investire nella base produttiva. Un messaggio chiaro anche alla politica.