Il nuovo assetto normativo previsto dal Governo per il 2025 in materia di sgravi a favore delle madri lavoratrici (Bonus Mamma) introduce una netta distinzione tra lavoratrici a tempo determinato e indeterminato, così come tra famiglie con due o tre figli. Da un sistema di decontribuzione strutturale, si passa per la maggior parte delle lavoratrici a un bonus fisso di 480 euro all’anno, erogato in un’unica soluzione nel mese di dicembre.
Una riforma che lascia spazio a forti disparità e che, pur ampliando la platea beneficiaria, penalizza molte donne in termini di importo percepito.
Fino al 2024, le madri lavoratrici con contratto a tempo indeterminato e tre o più figli, di cui almeno uno minore di 18 anni, beneficiavano di un esonero contributivo che poteva arrivare fino a 3.000 euro annui, spalmati mensilmente nelle buste paga (pari a circa 250 euro al mese).
Con la Legge di Bilancio 2025 e il successivo Decreto Economia, per una larga fetta di lavoratrici questo meccanismo viene sostituito da un bonus una tantum di 480 euro (pari a 40 euro al mese) riconosciuto a dicembre come detrazione fiscale netta e non tassata. Questo bonus non è più legato alla posizione contributiva bensì al reddito al netto dei contributi, che deve rimanere sotto i 40.000 euro.
Lavoratrici a tempo indeterminato con 3 o più figli
Rimane attiva la decontribuzione piena fino a 3.000 euro l’anno, prorogata fino al 31 dicembre 2025. Vale per chi ha un contratto stabile e almeno tre figli, con il più piccolo che deve avere meno di 18 anni.
Lavoratrici a tempo determinato (con 2 o 3 figli)
Questa categoria non ha mai potuto beneficiare della decontribuzione. A partire dal 2025, riceverà per la prima volta un bonus fisso di 480 euro, concesso a patto che uno dei due figli (o dei tre) abbia meno di 10 anni nel caso di due figli, o meno di 18 anni nel caso di tre figli.
Lavoratrici a tempo indeterminato con due figli
Non più incluse nella decontribuzione massima: anche loro, nel 2025, riceveranno solo i 480 euro una tantum, subendo una perdita potenziale fino a 2.520 euro all’anno rispetto al regime precedente.
Il nuovo schema, pur offrendo un vantaggio minimo a nuove platee di lavoratrici (come quelle a termine), penalizza economicamente in modo evidente le madri con due figli che lavorano stabilmente. Fino al 2024, infatti, molte di loro ricevevano sgravi contributivi mensili consistenti, sommabili ai benefit fiscali familiari.
Con il passaggio al bonus fisso di 480 euro, si registra una perdita secca di:
Anche le lavoratrici della scuola (personale ATA, amministrativo, tecnico, docente) che prima ricevevano importi proporzionali alla fascia di anzianità ora vedono uniformato il bonus a 480 euro. Questo significa che per alcune figure (come i Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi, che percepivano fino a 2.826 euro nel 2024) si registra un taglio netto di oltre 2.300 euro annui.
Il nuovo assetto del Bonus Mamma 2025 risponde al principio di ampliare il numero di beneficiarie, ma non compensa adeguatamente le perdite subite da chi, nel regime precedente, riceveva sgravi mensili significativi. La logica assistenziale una tantum sostituisce quella di un incentivo strutturale al lavoro femminile stabile, riducendo la portata redistributiva del provvedimento.
Mentre il Governo annuncia di aver aumentato le risorse a disposizione da 300 a 480 milioni di euro, i conti non convincono tutte: molte donne vedono ridursi sensibilmente il sostegno economico ricevuto per il proprio ruolo di madri lavoratrici, specialmente in un contesto in cui la natalità in Italia continua a calare.